Dove non arrivano i giudici ci pensa l'Agenzia delle entrate

Sono bellissime le definizioni con cui l'Istat ha classificato le angolazioni del mestiere: "Servizi di incontro", "attività connesse alla vita sociale", "attività di speed networking"

Dove non arrivano i giudici ci pensa l'Agenzia delle entrate
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Il mestiere più vecchio del mondo è pagarle, è non dichiararlo (in nessun senso) e quindi risparmiare sulle tasse: esattamente come fanno anche loro, le professioniste, le escort, i sinonimi li sapete. O forse il mestiere più vecchio è essere italiani, fare ma non dire, arrangiarsi mentre quelli là (i legislatori) ti giudicano «non pronto» a una regolamentazione della prostituzione. Che poi: «Non pronto» a che cosa? Perché uno svizzero o un austriaco sarebbe pronto, mentre un italiano no? Loro le leggi le hanno. Da noi invece la vacanza della politica lascia spazio alla magistratura e dove non arrivano i giudici arriverà presto il Fisco, visto che l'Istat gli ha aperto la strada. E sono bellissime, le definizioni con cui l'Istat ha classificato le angolazioni del mestiere: «Servizi di incontro», «attività connesse alla vita sociale», «attività di speed networking». Caspita.

In effetti mica stiamo parlando della tratta delle nigeriane, di racket o schiavismi, di postriboli o lupanare: parliamo di chi lavora in casa propria e con approcci via internet o è assistita da un'agenzia, di qualcosa che è regolamentato nei Paesi Bassi, in Germania, in Turchia, in Austria, in Svizzera, in Grecia, in Ungheria e in Lettonia. Non parliamo di prostituzione intesa come problema di arredo urbano, con le file di auto e le battone che accendono i falò lungo i viali; non stiamo parlando neppure delle minori (spesso nere, portate in Italia col raggiro) che sono un problema di ordine pubblico e già regolamentato da leggi severe. Si parla, da una vita, di decidere se sia più immorale che una prostituta paghi le tasse oppure che non le paghi, ci si sta cioè chiedendo per quale ragione moltissime persone che svolgono un mestiere legale non dovrebbero anzitutto pagare le tasse.

Ecco: la mancata risposta a questa domanda ha compiuto 67 anni, ossia il periodo che ci separa dall'abrogazione della Legge Merlin. Ed è priva di regole una branca del terziario con numeri da paura. Non c'è solo il fare cassa, ma anche il mettere ordine legislativo. Una persona normale, per esempio, potrebbe chiedersi come possa esistere il favoreggiamento della prostituzione se la prostituzione non è un reato: infatti la giurisprudenza ci sbatte il cranio regolarmente. Già distinguere tra «favoreggiamento» e «induzione» è complicato, ma spulciando la Cassazione trovi comunque di tutto. Se apri un chiosco di preservativi in una via di prostitute il reato non c'è. Se affitti una casa o una camera d'albergo a ore, per attività chiare a tutti, nessuno ti condannerà. Se allestisci un locale dove prostitute e clienti s'incontrino, ebbene, commetti un illecito a seconda delle sentenze. Se ospiti annunci di prostitute sul tuo sito, ancora, è un altro dedalo. Se convivi con una prostituta, e l'assisti, collabori con lei, persino se dividi i soldi con lei, il più delle volte non c'è reato, perché la tua attenzione non è rivolta alla prostituta, ma «alla persona». La Cassazione, nel 2011, ha stabilito che i guadagni derivanti dalla prostituzione devono essere tassati.

Ora l'Istat parla di eventi e di locali, ma in teoria la legge Merlin li proibisce. Il resto è sociologia.

Il villaggetto globale riluce di ragazzette disposte a qualsiasi cosa per denaro e celebrità (e anche di uomini disposti a vendersi in altri modi) e ormai è saltata ogni maschera, ma restiamo un Paese cementato a un'ipocrisia profonda, storicamente e culturalmente radicata, inguaribile, ormai codificata. Che fare, dunque? Niente, nostra specialità.

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