Dai Lupi Grigi allo Ior: un mistero lungo 40 anni

Inchieste, soffiate e depistaggi. L'ipotesi "Renatino" De Pedis e i flop investigativi

Dai Lupi Grigi allo Ior: un mistero lungo 40 anni
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Dai Lupi Grigi del terrorismo internazionale, al ricatto della criminalità organizzata allo Ior, dalla fazione di alti prelati anti Wojtyla fino all'affare di famiglia.

Quarant'anni di misteri, depistaggi e indagini a vuoto sulla drammatica scomparsa di Emanuela Orlandi, cittadina vaticana uscita di casa per una lezione di flauto e sparita su una berlina appartenuta, nientemeno, a Flavio Carboni, il faccendiere sardo mandato a processo per l'omicidio del giornalista Mino Pecorelli. Il primo elemento su cui indagare, per le autorità italiane, ruota attorno a un fantomatico personaggio, ben vestito, che avrebbe agganciato la Orlandi per un lavoretto durante una kermesse di moda. Tanti soldi per pubblicizzare i prodotti di una nota ditta di cosmetici, la Avon. Troppi.

Il testimone chiave dell'incontro, davanti alla scuola di musica di sant'Apollinare, è un vigile urbano che giura di aver riconosciuto la ragazza dei manifesti affissi in tutta Roma. «Si, è lei me la ricordo - dice -. Parlava con un signore distinto proprio qui, davanti la basilica». Il 5 luglio, due settimane dalla scomparsa, alla sala stampa vaticana arriva la telefonata di un uomo dall'accento anglosassone, l'«amerikano». La ragazzina di 15 anni è nelle sue mani e detta le condizioni per il rilascio: entro il 20 luglio Mehmet Alì Agca, l'attentatore di Papa Giovanni Paolo II deve essere liberato altrimenti per la ragazza non c'è scampo. Per avvalorare le sue dichiarazioni, spiega, che altri dell'organizzazione si sono già fatti vivi. Come quel Mario e un certo Pierluigi.

La Orlandi, insomma, sarebbe stata usata come ricatto dai Lupi Grigi organizzazione nazionalista turca, che avrebbe armato la mano di Agca in piazza San Pietro il 13 maggio 1981. Dal carcere, però, Agca condanna fermamente il rapimento e si dichiara estraneo alla vicenda. Tre mesi dopo il Fronte Turkesh dichiara di avere nelle mani sia la Orlandi che Mirella Gregori, scomparsa 40 giorni prima di Emanuela e sempre per ottenere il rilascio di Agca. Il 27 novembre arriva l'ultimo comunicato dei terroristi turchi con altri 35 indizi sulla vita di Emanuela. Da quel giorno cessano i contatti.

La pista turca viene seguita dal giudice Ferdinando Imposimato che è convinto sia quella giusta. Fino a quando un ex ufficiale della Stasi, Günter Bohnsack, nel 2008 spiega che erano stati i servizi segreti della Germania dell'Est a inviare falsi comunicati per scagionare la Bulgaria dall'accusa di aver collaborato con Agca nel pianificare l'attentato. Un'operazione - nome in codice Papst - ordinata direttamente dal Kgb. Dunque, il caso Orlandi al centro della Guerra Fredda.

A dare un nuovo filone agli investigatori romani, però, è una cronista deI Messaggero che il 9 luglio 1997 pubblica a tutta pagina: «E il boss finì nella cripta dei cardinali. Enrico De Pedis, sanguinario capo della banda di testaccio, è sepolto a Sant'Apollinare». Che ci fa «Renatino», ucciso nel '90 in via del Pellegrino, nella basilica dov'era stata vista per l'ultima volta la Orlandi? Soprattutto, chi ha concesso la sua sepoltura accanto ad alti prelati e personaggi eminenti? L'allora rettore, monsignor Piero Vergari, dice solo che De Pedis aveva fatto opere di bene e donazioni alla chiesa, quindi il posto gli spettava. Ad avallare la richiesta il cardinal Poletti.

Per otto anni non accade nulla e tutto sembra essere finito nel dimenticatoio. Nel 2005 la storia viene ripresa in tivù e in diretta a «Chi l'ha visto?» una persona al telefono suggerisce: Se volete sapere della Orlandi andate a cercare nella tomba di Renatino». Passeranno altri 7 anni perché il Vicariato conceda l'apertura del sepolcro. All'interno, però, c'è solo la salma di De Pedis che, dopo mesi di polemiche, viene traslata al Verano.

Nel 2008 una nuova testimonianza. È quella di Sabrina Minardi, ex di De Pedis.

A gestire parte del sequestro sarebbe stato lui, in una cantina sulla circonvallazione gianicolense. La polizia trova il posto ma nessuna traccia della Orlandi. Il caso viene archiviato una prima volta nel 2012, la seconda volta nel 2016 e aperto per la terza volta due mesi fa.

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