La demenza nascosta

In Italia 80mila persone soffrono di degenerazione cognitiva senza saperlo. I primi sintomi: piccole amnesie e confusione nel linguaggio. Le diagnosi difficili

La demenza nascosta

In Italia è stato stimato in oltre 80mila il numero di persone che sono affette da Alzheimer e ne sono inconsapevoli, un popolo sommerso di futuri pazienti che non hanno mai fatto una visita neurologica, una Tac cerebrale e non hanno ricevuto una diagnosi, mentre la malattia si è già infiltrata anni prima nel loro cervello e sta lavorando ogni giorno silenziosamente e lentamente per distruggerne le capacità funzionali e cognitive.

I primi campanelli d'allarme infatti, vengono quasi sempre ignorati o sottovalutati, anche se sono presenti e sintomatici, o peggio sono considerati dai soggetti alla stregua di normali deficit dovuti all'età o allo stress, mentre invece quei piccoli e timidi segnali indicano la presenza di una malattia già iniziata da lungo tempo, nella totale inconsapevolezza di chi è già ammalato, che non sa di esserlo, e che viene avvolto pian piano da un declino cognitivo non più reversibile. Infatti la demenza, contrariamente a quanto si crede, non fa affatto parte dell'invecchiamento fisiologico e normale, visto che molte persone ultra novantenni non ne soffrono, ma è una vera e propria patologia, a causa ancora sconosciuta, e quindi incurabile, che si manifesta nei soggetti over 65, ma può colpire anche prima, e le proiezioni demografiche mostrano una progressione aritmetica nella nostra nazione, dove, in una società che invecchia sempre di più, l'impatto del fenomeno demenziale ha messo in allarme i nostri esperti neurologi, i quali registrano i primi segnali di riconoscimento della malattia in oltre il 50% dei soggetti over 65 che arrivano per altri motivi al loro cospetto.

La maggior parte della popolazione pensa che la demenza inizi sempre con deficit di memoria, cosa assolutamente non vera, poiché nelle fasi iniziali della malattia memoria ed orientamento sono ottimali, mentre i primi segnali significativi indicano un cambiamento di carattere, una minore attenzione alla cura personale, una diminuita capacità di concentrazione, di attenzione o di programmazione, e soltanto dopo molto tempo arrivano i deficit mnemonici, quando, per esempio, durante una conversazione si «perdono» le parole, si dimenticano i nomi o un appuntamento, o si inceppa l'uso semantico del linguaggio, cosa che accade quando la demenza è ormai avanzata nella sua azione distruttiva encefalica.

Tutte le varie e molteplici forme di demenza che sono state individuate nell'essere umano infatti, iniziano «con poco», ovvero con piccoli ed impercettibili difetti di una funzione cognitiva, o con disturbi del linguaggio, spesso attribuiti alla fatica della vita quotidiana, ad una giornata impegnativa, oppure allo stress, quello stress che invece indica il confine con la malattia ignorata ma presente, ormai non più in fase iniziale, bensì clinicamente manifesta. In questa fase però, anche per lo specialista neurologo, è molto difficile individuare chi effettivamente è nella fase primitiva della malattia o è semplicemente stanco e stressato, perché il paziente non ha dolori, né cefalee o vertigini, i test neuropsicologici risultano ancora ottimali e le Pet cerebrali possono mostrare piccole aree di ipo-metabolismo non significative, quelle zone cerebrali che invece anni dopo saranno colpite duramente dalla malattia manifesta e che saranno evidenti anche agli altri esami radiologici (Tac, Rmn).

Il processo degenerativo e progressivo delle cellule del cervello infatti, causa una morìa a cascata di milioni di neuroni, con un lento deterioramento delle funzioni cognitive (memoria, ragionamento e linguaggio), un fenomeno puntiforme e multiplo che colpisce casualmente diverse aree encefaliche, un fenomeno purtroppo irreversibile, mentre il paziente sta ancora clinicamente bene, non accusa disturbi evidenti durante la prima aggressione della malattia, che però arriva prima o poi a compromettere l'autonomia e la capacità di comprendere o di compiere le normali attività giornaliere, a causa di accumulo di aggregati proteici anomali (Beta-amiloide) e tossici per il cervello, che di fatto comprimono, soffocano e pregiudicano la funzione e la sopravvivenza degli indispensabili neuroni.

La ricerca internazionale non ha ancora individuato la causa di nessuna delle varie forme di demenze degenerative (a parte quelle alcoliche, traumatiche o tossiche), che costituiscono tuttora un insieme di patologie non curabili e quindi non guaribili, poiché i molti farmaci utilizzati nei vari trattamenti (inibitori delle colinesterasi, neurolettici, antidepressivi, benzodiazepine, vitamina B1) hanno avuto un valore terapeutico molto limitato e non risolutivo, per cui sono in atto strategie di prevenzione primaria e secondaria orientate alla modifica degli stili di vita e dei fattori di rischio cardiovascolari. Le future nuove terapie sperimentali, già in uso negli Stati Uniti, anche se non si sa ancora se efficaci, sono rivolte ai pazienti pre-clinici, cioè coloro che sono stati diagnosticati fortuitamente in fase molto precoce, che mostrano cioè minimi sintomi ma positività dei test neurologici, nel tentativo di posticipare più a lungo possibile la fase conclamante della malattia, per cui la ricerca è concentrata soprattutto su coloro che sono stati diagnosticati in fase precocissima, quando la patologia non mostra ancora la sua evidenza clinica.

Il morbo di Alzheimer fino a pochi anni fa in Italia rappresentava oltre il 60% di tutte le forme di demenza, una percentuale destinata ad aumentare progressivamente, con una riduzione significativa della aspettativa di vita dei pazienti, dal momento che la malattia impiega dai 3 ai 10 anni a causare la morte dei pazienti da essa afflitti.

Secondo i dati dell' OMS ogni anno nel mondo si registrano circa 7 milioni di nuovi casi di Alzheimer tra i 10 milioni di nuovi casi di demenze in totale, ed i fattori di rischio ad oggi individuati sono l'età avanzata, la familiarità, la predisposizione genetica, lo stile di vita e il sesso, essendo le demenze più

frequenti nelle donne.

Questa misteriosa sindrome neurodegenerativa del cervello è una priorità mondiale di salute pubblica, poiché i suoi sintomi neurologici sono, nel tempo, destinati a un peggioramento graduale ed inesorabile.

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