La difficoltà di essere cattolici in Italia

La difficoltà di essere cattolici in Italia

Archiviato il congresso mondiale delle famiglie di Verona, cosa resterà delle tante proposte enumerate come lista della spesa? Abbiamo visto da una parte, la Lega molto attiva nel tentare di recuperare il consenso «bianco», oggi in bilico per l'opposizione di papa Francesco alle politiche di Salvini sull'immigrazione. E dall'altra, lo scatenarsi di tutta la galassia laicista (sinistra, femministe, lobby Lgbt di lotta e di governo, in testa la Cirinnà, la Boldrini, Spadafora). La sensazione è che si tratti di una grande operazione di distrazione di massa, rispetto ai veri temi: i numeri economici, sociali, istituzionali. E, come se non bastasse, a tale guerra si sono aggiunte le fibrillazioni interne alla maggioranza (il duello tra Salvini e Di Maio in vista delle europee).

Ma la domanda che va posta a bocce ferme è la seguente: si può essere ancora cattolici in Italia? Nel senso di una presenza pubblica rilevante e incisiva? Negli ultimi anni media, cultura, politica, hanno lavorato incessantemente per cambiare le parole, i criteri di interpretazione della realtà, i modi di pensare. Verona, ha avuto il pregio di bloccare la «Finestra di Overton», di ricordare altre parole, altri modi di pensare, altri valori: i cattolici esistono, non stanno solo in Chiesa o nei gruppi chiusi, dicono la loro, vogliono fare politica, determinarne l'agenda. E questo non è accettabile per il pensiero unico. Da qui la reazione scomposta, velenosa, giacobina, della sinistra «radicale di massa».

La verità è che c'è in atto, in Italia e in Europa, oltre alla nuova categoria «alto-basso» (popoli contro caste), un drammatico scontro culturale tra due idee di modernità («antropologia contro ideologia»): quella laicista, basata sul primato dell'individuo, dei diritti civili soggettivi, e appunto, la modernità antropologica (non il passato), incentrata sul primato della famiglia, della relazione, della comunità, dei corpi intermedi; basata sul diritto alla vita e la famiglia naturale. La modernità antropologica, è ovvio, non può essere accettata dal politicamente corretto. Così si spiega tutta la campagna di fango che è stata orchestrata: i cattolici negano i diritti, vogliono far tornare le donne in casa, Medioevo: tra gli slogan più reiterati. Papa Francesco va bene sull'immigrazione, ma quando dice che l'aborto è un «sicario dai guanti bianchi» o che il gender è «un errore della mente», non va più bene?

Proposta: bisogna proporre un dibattito sulla laicità da ripensare (non credenti contro non credenti). Da decenni non è più la tutela della libertà religiosa, ma la promozione attiva dell'ateismo di Stato. E lo Stato non può essere più neutro rispetto alla vita e alla morte. Oggi in Italia la gente comune, grazie al bombardamento mediatico e culturale, pensa normalmente che esista una famiglia «tradizionale», superata, e una «famiglia moderna», aperta a tutti in gusti. I professionisti della Costituzione, che non perdono un momento per strumentalizzarla contro gli avversari politici (la resistenza antifascista contro lo «xenofobo» Salvini o contro il «quasi fascista» Berlusconi), alla prova dei fatti, la ignorano.

C'è l'articolo 29 della

Costituzione che parla di famiglia naturale (la Repubblica non la definisce, ma la riconosce, come preesistente allo Stato), e le «formazioni sociali» (unioni civili). Dove sta la famiglia tradizionale e dove sta quella moderna?

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica