«Emma!». Ma guarda, ecco una vecchia amica. «Ciao Emma, come stai? Sono molto contento di iniziare proprio da te». Con la Bonino infatti Mario Draghi può cominciare sul velluto, tre quarti d'ora rilassati per incassare il sì «incondizionato» di radicali, +Europa e Azione di Carlo Calenda e anticipare la sua strategia. Il tempo innanzitutto: più giorni passano, più le segreterie rosolano, più si convinceranno ad appoggiarlo. Poi, la garanzia che i partiti non verranno commissariati. Scordatevi Monti. «Forse perché uno è stato presidente della Bce allora è un tecnico? - si chiede la Bonino uscendo dalla Camera - Draghi nella difesa dell'euro ha fatto sempre scelte politiche e il suo - rivela - al di là del profilo dei ministri, sarà un governo totalmente politico».
Non solo. Sarà anche un esecutivo «di salvezza nazionale», come spiega l'incaricato a Giovanni Toti, Mario Lupi, Gaetano Quagliariello e agli altri filo-draghiani di centrodestra, Cambiamo, Idea, Usei, Noi con l'Italia, Alleanza di centro. «Salvezza nazionale» dunque, una formula che serve per imbarcare la Lega: l'ex capo di Eurotower, raccontano, punta molto ad avere dentro Salvini per evitare di schiacciarsi troppo a sinistra. Non vuole guidare una specie di Conte ter allargato, anche perché se i Cinque Stelle non ci stanno, o si astengono, il modello Ursula può non bastare. Lui però ora non si preoccupa, cerca di volare più alto, sopra le risse. Il suo obbiettivo, dice, è «convertire la depressione economica e sociale in una nuova vitalità». Per riuscirci, occorrono i 209 miliardi del Recovery Fund. «Credo che Draghi scriverà un proprio piano di sviluppo da presentare a Bruxelles - dice Bruno Tabacci, Centro democratico - e nessuno potrà mettere bocca».
E c'è bisogno anche di un accordo largo con una maggioranza solida. Adesso non ci sono ancora i numeri giusti, ma lui confida che al momento giusto si troveranno. Magari toccherà organizzare un secondo giro di colloqui, tra lunedì e martedì. Intanto via con il primo. Tre giorni di consultazioni, calendario piuttosto diluito per fare il modo che i no di pancia della prima ora diventino dei «può essere» e i «mi si spacca il movimento» in «va bene, però». Un passo alla volta, senza fretta. Il premier incaricato non corre appresso a leader e leaderini, si fa cercare, inseguire, desiderare. Non sempre si fa trovare. Ecco un classico: il telefono, dove è il telefono? Nell'altra stanza, «dimenticato».
Anche l'approccio fisico, l'atteggiamento iconografico, ha il suo perché. SuperMario siede da solo, senza assistenti o collaboratori, al centro del lungo tavolo di legno nella biblioteca di Montecitorio che Roberto Fico gli ha messo a disposizione e così, in una semplicità da convento francescano, accoglie le delegazioni, spesso molto affollate, che si stringono all'alto lato del banco. C' è spazio pure per qualche siparietto, come quello di Vittorio Sgarbi che, riferiscono alcuni partecipanti, «si spinge a punte di lirismo» per esaltare il governo di unità nazionale. Draghi consulta e lascia che fuori la trattativa faccia passi avanti da sola, quasi per forza di cose.
Oggi tocca a Autonomie, Leu, Iv, Fdi, Pd e Forza Italia: arriverà anche Silvio Berlusconi. Domani gli incontri chiave con Lega e M5s. Basteranno 48 ore per far decantare i veleni, depositare tutte le scorie? Vedremo. Nel frattempo il metodo Draghi sta funzionando. Il si del Cavaliere e del Nazareno, l'entusiasmo dei centristi di ogni genere, la mezza apertura di Giuseppe Conte, le crepe tra i Cinque Stelle. Anche nella Lega qualcosa si muove. Certo, per il Pd «non ci sono le condizioni» di governare con il Carroccio e Salvini non vuole i grillini di mezzo, anche se filtra una «disponibilità su singoli temi».
E Crimi, quello del «mai con Draghi», mette paletti. Scaramucce.Moderato ottimismo al Quirinale, che segue con attenzione ma a distanza il tentativo del premier incaricato, il quale non ha limiti temporali ma una missione sola: salvare il Paese.
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