Il dissenso come reato d'opinione

C'è un tarlo che ci rode da qualche giorno, non a tal punto da toglierci il sonno, eppure fastidioso.

Il dissenso come reato d'opinione

C'è un tarlo che ci rode da qualche giorno, non a tal punto da toglierci il sonno, eppure fastidioso. Non sarà che, in nome della difesa della Ucraina, che dovrà tornare ai confini pre invasione della Crimea in seguito al ritiro di Putin, si sia creato un clima di terrorismo intellettuale? Un tarlo che ci rode, quanto più temiamo, nel nostro piccolo, di avere condiviso questo atteggiamento. Il terrorismo intellettuale consiste nello squalificare come illegittimo qualsiasi tipo di rilievo avanzato sulla guerra tra Ucraina e Russia, quasi che il dissenso rispetto a una linea, peraltro neppure così comune a tutti i soggetti della Nato, sia trattato alla sorta di reato d'opinione. Un terrorismo intellettuale non riscontrabile neppure negli anni della Guerra Fredda, a parte i primi anni Cinquanta. Il tarlo diventa ancora più irritante se si pensa che, a ergersi in cattedra come custodi della «fedeltà atlantica», sono capi di movimenti tradizionalmente in flirt con Putin, e anche con la Cina e che, da presidenti del Consiglio, hanno addirittura consentito ai carri armati russi di entrare in Italia, in una operazione «sanitaria» i cui tratti restano ancora oscuri. Oppure da esponenti del Pd, erede in parte del Partito comunista italiano, che i legami con la Russia sovietica li ebbe fin dal 1921 (senza i fondi di Lenin non sarebbe mai nato), che però tollerano al loro interno presidenti di Regione come De Luca, organizzatori di manifestazioni favorevoli allo stop delle armi a Kiev. Visto che la guerra entra ormai al suo nono mese, dovremmo dunque distinguere tra chi muove proposte che sembrano dettate dal Cremlino da chi invece, in buona fede, si interroga sulle possibili soluzioni a un'uscita della crisi. In tal senso, nel mondo cattolico, che si sta organizzando in vista delle manifestazioni di inizio novembre, vi sono posizioni molto diverse, e sarebbe da irresponsabili, per chi difende l'Ucraina, trattarli tutti come utili idioti di Putin. Il medesimo discorso possiamo avanzarlo sul piano intellettuale, cioè del dibattito pubblico: li è persino più facile distinguere gli opinionisti che martellano da febbraio a favore della Russia, da quegli intellettuali interessati invece a utilizzare le armi della critica, nel mentre confermano che all'Ucraina bisogna continuare a inviare armi vere e proprie. Quando infine osserviamo la politica, qui sono l'ipocrisia, la malafede e la strumentalità, i registri più caratteristici. E qui bisognerebbe distinguere chiaramente tra chi ha votato senza problemi l'invio delle armi ed è stato sempre a fianco della Nato, da chi invece sanzioni e aiuti militari ha approvato con molta fatica o addirittura ha rigettato - ci riferiamo, nel primo caso ai 5 stelle e nel secondo all'estrema sinistra.

E che oggi si dà un gran da fare per organizzare manifestazioni «pacifiste» che, a giudicare dai primi slogan, sembrano sposate verso un neutralismo menefreghista. L'importate è evitare di istituire un ideale Tribunale della Giusta Via (che nessuno possiede), per poi condannare tutti i dissidenti.

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