Divorziati sì, gay no

Il Sinodo approva (per un solo voto) la comunione ai separati: il prete deciderà caso per caso Unioni omosessuali, duro no del Papa: «Contrarie al disegno di Dio, la politica non faccia pressioni»

Divorziati sì, gay no

Molte finestre di curie e canoniche saranno sbattute dal vento. Quello dello Spirito Santo, senza dubbio. Ma ci sarà quello che trascinerà con sé amarezze e dissensi. Questo è il tempo di Francesco. Egli impugna la misericordia, che è «tenerezza», come una clava e, forte dei risultati del Sinodo, disarma chi impugna la dottrina come strumento di condanna e di anatema.

Il Sinodo si è concluso ieri, con il voto che ha approvato sia il documento finale nel suo complesso sia le singole proposizioni. Raggiunta la maggioranza qualificata dei due terzi, ciò che non era accaduto al preambolo del Sinodo celebrato lo scorso anno. Più pesante di questo voto, per la stessa natura della Chiesa, che non è una democrazia, risulta il discorso del Papa: i presenti lo definiscono tonante, con la rudezza di quel pescatore di Galilea di cui è successore. Il quale, certo con impeto amoroso esagerato, tagliò l'orecchio a Malco, un servo del Sinedrio, che voleva imprigionare il Nazareno. Francesco è convinto di avere il compito di liberare la misericordia, oggi rinserrata nei bastioni della Chiesa, e di farla uscire per il mondo. A costo di far volare dalla finestra qualche castellano geloso che la vorrebbe tenere in cantina.

Ora il Papa svilupperà il testo del documento votato con la maggioranza qualificata dei due terzi (un successo inaspettato alla vigilia) e ne ricaverà, con ogni probabilità, un'Esortazione apostolica sulla famiglia, che farà evolvere i contenuti espressi da San Giovanni Paolo II nella «Familiaris consortio». Li farà evolvere in quale senso? C'è un punto che scatenerà le discussioni. Quello che delega ai sacerdoti la decisione di dare l'assoluzione a coloro che, divorziati e risposati, vogliono ricevere l'ostia consacrata. Non si assolverà una «categoria», ma le singole persone. Non la coppia. Uso un linguaggio delicato, perché il paragrafo 85, non dice che è concesso il diritto ai divorziati che si sono risposati con rito civile di ricevere la comunione. L'eucaristia non è un diritto. Non è una concessione della Chiesa che finalmente ha liberalizzato. I fedeli divorziati e risposati hanno però il diritto di essere accolti e di domandare questo dono, e la Chiesa, nella persona dei confessori, ha il dovere di discernere, di dire sì o no. La drammaticità c'è ancora tutta. Non c'è il «buono-ostia» buttato giù dall'elicottero, da afferrare al volo o da ritagliare dall' Osservatore romano . C'è un incontro personale, un cammino. La vita è difficile e complicata: nessuno troverà più davanti a sé il «no» senza speranza. L'articolo 85 è passato per un solo voto: i sì sono stati 178 rispetto ai 177 richiesti per raggiungere la maggioranza qualificata (80 voti contrari). È stato invece bocciato con estrema durezza qualsiasi discorso di equiparazione tra le unioni omosessuali e la famiglia. Ma quello era scontato. Quel voto sulla comunione ai divorziati sarà di certo un casus belli . Si leveranno le proteste molto dure di chi ritiene che in questo modo il Sinodo rubi qualcosa che nessuno ha il diritto di prelevare dal deposito immutabile della verità cattolica, neppure il Papa. Cioè cambiare la dottrina che il vescovo di Roma ha invece il dovere di custodire intatta.

Non saranno tempi facili per Francesco. Lui lo sa. Il suo discorso, che non possediamo nella sua ufficialità, perché riservato ai 258 padri sinodali, non ha avuto alcuna timidezza. Ha risposto già all'obiezione. Novità nella tradizione, continuità di un flusso nuovo di acque antiche. I criteri sono: «La luce del Vangelo, della tradizione e della storia bimillenaria della Chiesa». Ha dato una martellata ai rigidi cultori del «sabato contro l'uomo»: «I veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito, non le idee ma l'uomo, non le formule, ma la gratuità dell'amore di Dio e del suo perdono». Ancora: «Il primo dovere della Chiesa non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma quello di proclamare la misericordia di Dio, di chiamare alla conversione e di condurre tutti gli uomini alla salvezza del Signore».

Certo, «senza mai cadere nel pericolo del relativismo oppure di demonizzare gli altri».

Questo Papa è così. Ha preso in mano la Chiesa e la sta spingendo forte sulla strada rischiosa del mare aperto, prendendo molto vento, ma anche sfidando l'uragano.

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