Donald ultra Pop, dalla tv all'arte. Il volto del tycoon? Manifesto politico

I cameo nelle serie televisive e al cinema, lo show "The Apprentice" e i meme alla Warhol. Trump fa del corpo uno strumento di propaganda. La foto segnaletica pronta per la National Portrait Gallery

Donald ultra Pop, dalla tv all'arte. Il volto del tycoon? Manifesto politico
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Già prima che fosse eletto presidente degli Stati Uniti Donald Trump è stato un'icona americana, ed erano gli anni Novanta. Molte serie tv di successo l'hanno voluto come guest star: Willy, il principe di Bel-Air, dove appare al fianco di un giovanissimo Will Smith; Sex and the City, seduto a un tavolino vicino a Samantha; la sit-com La Tata, dove viene presentato semplicemente come «Donny». Un po' trompe-l'oeil del postmoderno e un po' Trump-pop, dalla serie Spin City accanto a Michael J. Fox alla versione cartoon in un episodio dei Simpson... Poi il cinema, dal famoso cameo nel film blockbuster Mamma ho riperso l'aereo a Celebrity di Woody Allen fino a Zoolander, e siamo già nel Duemila, e alla commedia Two Weeks Notice con Hugh Grant e Sandra Bullock.

E poi, l'arte. Nel 2002 Andres Serrano, controverso artista e fotografo newyorkese, realizzò una serie di ritratti supercolorati di personaggi rappresentativi della realtà del Paese (titolo: America) tra i quali - zazzera sfavillante e cravatta regimental - spiccava il volto del tycoon, l'imprenditore miliardario, l'eroe del gossip matrimoniale, la star del reality show The Apprentice e futuro Presidente. Eric Fischl alla mostra londinese Presence of an Absence riprodusse Trump con un vistoso naso da clown. Nel 2018 un gruppo di attivisti realizzò un gigantesco pallone che rappresenta Donald Trump come un bambino, cellulare in una mano e pannolone, fatto alzare in volo in segno di protesta durante la sua visita nel Regno Unito (e più di un museo inglese chiese di poter includere nelle loro collezioni il Trump «pallone gonfiato»). Alla Affordable Art Fair del 2019 apparve una rielaborazione di The Donald versione The Joker, l'antagonista di Batman, ritratto di profilo su sfondo scuro. Yan Pei Ming, altra arti-star globale, lo dipinse a bocca aperta, ringhiante su uno sfondo buio: l'opera fu presentata nel 2018 in occasione di Frieze New York e fu valutata 140mila dollari. E l'artista digitale Beeple nel 2021 ha venduto un video di pochi secondi con un Trump abbattuto dopo la sconfitta alle elezioni per 6,6 milioni di dollari.

Trump kitsch, Trump freak. Trump ibrido. Trump in stile Obey come Barack Obama nel dipinto Hope. Trump super icona pop. Il corpo, e il volto, come campo di battaglia politico e strumento di propaganda: frontiera di carne, colori e pixel della comunicazione politica. Ieri, la consacrazione. Donald Trump con il suo arresto è entrato definitivamente nel museo delle arti del XXI secolo. La foto segnaletica - numero P01135809, «maschio bianco, alto 1,92 cm per 97 chili, capelli biondo-fragola, occhi blu» si è trasfigurata in icona del suo martirio giudiziario, in manifesto elettorale, in gadget (sui siti di e-commerce sono subito comparse le t-shirt stampigliate con la foto e la scritta «Non arrendersi mai», costo: 34 dollari) e in immagine taumaturgica per il religiosissimo popolo trumpiano. Poi, con l'immediatezza propria dell'opera d'arte nell'epoca della riproducibilità digitale, la foto - sopracciglia accigliate, sguardo arrabbiato e teso, dritto in camera, studiato e posatissimo - è diventata un instant meme, replicata in centinaia di fotomontaggi, citazioni, rifacimenti, de-contestualizzazioni. Trump fluo in versione pop art à la Andy Warhol. Trump in versione Lucien Freud. Trump in bianco e nero versione Rudolf Stingel.

Donald Trump è la nuova Marina Abramovic?

È vero. Mai prima di oggi un ex presidente degli Stati Uniti era finito su una foto segnaletica. Ma nemmeno mai prima d'oggi ha avuto una concreta probabilità di finire alla National Portrait Gallery.

Qualcuno ha già postato sui social la storica fotografia, rielaborata e ingigantita, mentre viene appesa alla parete del museo da due commessi. Sì, è un fake. Che però, ci ha insegnato Trump, è solo a una didascalia di distanza dalla verità.

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