Nell'intricata partita per il Quirinale la sinistra non sembra avere le idee chiarissime. Al caos che regna sovrano nei partiti del fronte giallorosso si sovrappone però una voce, una richiesta che sa molto di uno slogan vuoto senza alcun significato concreto. E così a sinistra si torna a fare pressing per eleggere una donna come prossimo presidente della Repubblica. Rimarrà deluso chi si aspettava che i discorsi per il Colle vertessero sulle capacità e sulle doti politiche di un determinato candidato. Alt però: la figura femminile deve necessariamente appartenere alla galassia rossa.
"Una donna al Quirinale"
All'accorato appello di scommettere su una quota rosa hanno preso parte diverse donne. Da Michela Murgia a Fiorella Mannoia passando per Luciana Littizzetto. È stato chiesto alla politica di non "rimandare ancora questa scelta", di fare in fretta nell'elezione di un capo dello Stato al femminile. Il punto è sempre lo stesso: è stato proposto un nome? È stata avanzata una candidatura ben specifica? Niente di tutto ciò. La solita mossa per dire tutto e non dire niente.
Il messaggio che passa è sbagliato: si considera il sesso come il primario valore di merito. Ma a predominare nelle strategiche scelte, soprattutto in quella cruciale per il Quirinale, devono essere professionalità e competenze. A prescindere dalla figura, uomo o donna che sia. Un approccio al merito che difficilmente porterà al risultato auspicato e che finisce per essere intrerpretato come una sorta di "sessimo al contrario". Per capire: uno statista, un politico di grande spessore che sappia svolgere le sue mansioni varrebbe meno di una donna con le stesse qualità?
I capricci della sinistra
A fornire qualche primo nome è stata Dacia Maraini, la prima firmataria dell'appello di intellettuali e artiste per il Quirinale. Intervistata da Il Fatto Quotidiano, la scrittrice ha ribadito come sia arrivato il momento di far rappresentare il vertice dello Stato da una donna. E ha provato a fare qualche nome: Rosy Bindi, Marta Cartabia, Emma Bonino, Anna Finocchiaro, Paola Severino, Roberta Pinotti.
Le ritiene tutte "assolutamente all'altezza di questo onore e questa responsabilità". E considera normale il suo augurio che venga premiato un profilo di sinistra: "Sono una donna di sinistra, vorrei al Colle una personalità di sinistra. Poi, ovviamente il capo dello Stato deve essere al di sopra delle parti, ma essere imparziali non significa non avere un pensiero e una storia personale".
Il modus operandi della sinistra sembra essere questo: porre veti nei confronti degli avversari (vedi contro Silvio Berlusconi) e propinare continuamente il discorso della candidatura femminile, a patto che appartenga allo schieramento rosso. Ma sono i numeri ad avere l'ultima parola, e i numeri dicono che il centrodestra ha le carte in regola per eleggere un proprio capo dello Stato. La sinistra deve metterselo in testa: è certamente nelle sue prerogative partecipare al dibattito e provare a fare il gioco politico, ma a questo giro il centrodestra conta numericamente di più.
Lo strano concetto di super partes
Curioso anche lo strano concetto del colore del super partes maturato dalla sinistra. È oggettivo riconoscere l'importanza di eleggere un candidato il più trasversale possibile, in grado di spogliarsi delle sue appartenenze politiche quando sarà chiamato a rappresentare l'intera Nazione. Ma ad esempio il Partito democratico è andato oltre, sostenendo che i leader dei partiti non debbano partecipare alla corsa per il Quirinale poiché eccessivamente divisivi e di parte.
Un ragionamento che ha come scopo quello di provare a togliere dal campo l'ipotesi Silvio Berlusconi, che comunque gode dell'apprezzamento delle varie anime
europeiste presenti in Parlamento. Eppure per i maggiori esponenti della sinistra italiana, anche nei salotti televisivi, il vero super partes devere tingersi di rosso. Altrimenti è da considerarsi tagliato fuori dalla scelta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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