Conte ancora protagonista. E ancora in Senato. L'ex premier nominato da Mario Draghi torna a dividere l'aula. Il presidente del Consiglio incaricato sta pronunciando il discorso per ottenere la fiducia a Palazzo Madama, quando all'improvviso dice: “Ringrazio il mio predecessore Giuseppe Conte che ha affrontato una situazione di emergenza sanitaria ed economica come mai era accaduto dall’Unità d'Italia”. Un passaggio breve, ma incisivo che spacca in due il Senato. Applausi, anche se non fragorosi, dal MoVimento 5 Stelle e buuu corredati da schiamazzi dai banchi del centrodestra. Un dissenso sedato dal suono della campanella della presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati.
E, l'episodio surriscalda il clima, già incandescente, della nuova maggioranza allargata. Tra grillini dilaniati dalle fronde interne anti governative e una destra che dall'opposizione fa fatica a digerire i plausi verso che si è osteggiato fino a ieri. Ma Draghi tira dritto, puntando a una continuità rispetto al governo Conte II sul Recovery Plan, senza risparmiare però frecciatine a destra e a manca sulle cadute giallorosse nella gestione della crisi pandemica. Insomma, il premier gioca la carta del perfetto equilibrio per tranquillizzare gli animi di una compagine di governo vasta, ma variegata. Un ampio spettro che però non dovrebbe complicare, per il neo premier, l'avallo in Senato.
Pd-M5S-Leu hanno siglato un patto interforze che compatta i ranghi in Senato, il centrodestra con Lega e Forza Italia orfani di Fratelli d'Italia che voterà no alla fiducia, nel vertice serale di ieri ha definito la linea comune per il sì a Draghi. E, al di là del ringraziamento divisivo a Conte, le dichiarazioni programmatiche di Draghi puntellano a uno a uno i temi ai quali il nuovo governo non può sottrarsi, in un'ottica di responsabilità condivisa. Dalla pandemia da combattere alla crisi economica da contenere, al lavoro da incentivare, fino alle riforme che non possono più attendere. Tutto all'insegna di un europeismo definito irreversibile e giocato come collante tra le parti. La partita per l'ex presidente della Bce sembrerebbe facile. Si vota alle 22. Draghi potrebbe strappare più voti di Mario Monti nel 2011, che ottenne 281 sì e 25 no al Senato.
Draghi parte dai 19 voti contrari di Fratelli d'Italia e dai 168 voti favorevoli di Pd, Italia Viva, Forza Italia e Lega.
A cui vanno aggiunti i 10 degli Europeisti, i "responsabili" raccattati da Conte, e i 7 autonomisti, che sono uno in meno perché Pierferdinando Casini è a casa con il Covid. E siamo a quota 185. Insomma, al di là di mal di pancia pentastellati e antiche divisioni risorte al nome di Conte, i giochi sembrerebbero fatti.
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