Draghi-Conte, resta il gelo. Rinviato il faccia a faccia

Telefonata per darsi appuntamento a lunedì. E il leader 5s apre il fronte del proporzionale

Draghi-Conte, resta il gelo. Rinviato il faccia a faccia

Un'altra giornata di accelerazioni improvvise e frenate, fughe in avanti e dietrofront. Partiamo dall'incontro chiarificatore tra Giuseppe Conte e Mario Draghi. Temi all'ordine del giorno, strano ma vero, l'intervista del sociologo Domenico De Masi al Fatto Quotidiano e i presunti messaggi e le telefonate in cui Draghi avrebbe chiesto a Beppe Grillo di togliere di mezzo il leader del M5s. Nella serata di giovedì il faccia a faccia sembrava saltato, prevista solo una telefonata per oggi, così come spiegato da Draghi in conferenza stampa. Ieri mattina gli eventi sembrano muoversi più velocemente. Conte esce dalla sua casa nel centro di Roma e dice ai cronisti: «Lo vedrò oggi». Le agenzie battono la notizia. Nel M5s cadono dalle nuvole. Deputati e senatori non sanno nulla dell'agenda del loro leader, ma anche gli staff dei big sono disorientati. Gli stessi contiani non capiscono i motivi del cambio di programma. Dato che solo il giorno prima era stato Conte a rifiutare l'invito di Draghi a vedersi di persona. «Dopo quello che ha detto a Grillo e la smentita tardiva è prematuro vedersi», la spiegazione dei vertici pentastellati al no dell'avvocato.

Alla fine si torna al punto di partenza. Ovvero alla chiamata, propedeutica a fissare l'appuntamento «in presenza», stabilito per lunedì pomeriggio a Palazzo Chigi. Le fonti parlano di una telefonata, quella di ieri pomeriggio, stringata e fredda. Poche parole per confermare l'incontro di dopodomani. Nessuna apertura, niente segni di disgelo. Anche se pare difficile che Conte possa staccare la spina nel breve termine. Più che altro, secondo i critici, l'avvocato è interessato a piantare la bandierina di un confronto con Draghi. Una discussione che sarà descritta come tesa e a muso duro, con tanto di successive dichiarazioni alla stampa sul M5s che appoggia il governo con riserva. Pronto a combattere per le sue battaglie: il Superbonus, il reddito di cittadinanza, il no al termovalorizzatore. D'altronde è sempre presente la paura di altri smottamenti governisti in direzione Luigi Di Maio. L'appoggio esterno potrebbe propiziare altri addii e indispettire ancora di più Beppe Grillo, già irretito dal comportamento tenuto da Conte e dai contiani durante la sua visita a Roma. Ma c'è un'altra notizia. La combinazione tra la permanenza al governo e il no alle deroghe al doppio mandato, ribadito giovedì dal vicepresidente del M5s Mario Turco, sta facendo aumentare i mal di pancia anche tra i contiani.

La coperta di Conte è corta. Meglio fare la faccia feroce con Draghi. «Esistono messaggi di Mario Draghi a Beppe Grillo contro di lei?», chiedono i giornalisti al leader pentastellato davanti alla sede del M5s. «Ne parliamo lunedì pomeriggio», risponde Conte. Che dall'evento della Cgil sul lavoro rilancia sui temi sociali: «Dobbiamo incentivare i contratti a tempo indeterminato». Quindi vira sul proporzionale che aiuterebbe a «combattere l'astensionismo». Una legge elettorale diversa consentirebbe all'ex premier di avere le mani libere dall'alleanza con il Pd e di poter uscire dal governo senza scossoni. Interviene Beppe Grillo con un post, al solito criptico, sul suo Blog. Il sito del Garante si avventura in una «fenomenologia del tradimento e del traditore». Una disquisizione storica, che culmina con riferimenti ai giorni nostri. «Questo nostro è forse il tempo in cui tradire non lascia traccia nell'animo del traditore che con ogni probabilità non si sente neanche tale. Talvolta può perfino tendere a sentirsi un eroe, ma agli occhi solo di qualche suo compare Jago», la conclusione del post. Nel M5s c'è chi pensa che ce l'abbia con Di Maio e chi crede che il bersaglio sia Conte, alla luce delle fughe di notizie sulle telefonate con Draghi.

Per non sbagliare, l'ex capo politico replica: «Pensiamo alle priorità del Paese. A Grillo ho già risposto».

In serata l'Adnkronos rivela anche che i grillini il 21 giugno erano pronti a non votare la risoluzione di maggioranza sull'Ucraina, ma alla fine il M5s ha scelto il sì per non legittimare la scissione di Di Maio. Legittimata ora da queste indiscrezioni.

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