Chi vuole sgambettare Salvini? Strane anomalie emergono dal processo palermitano al leader leghista, imputato per sequestro di persona e rifiuto d'atti d'ufficio per la vicenda del ritardato sbarco dei 147 immigrati a bordo della nave della ong spagnola Open Arms, ad agosto 2019. Nell'ultima udienza, venerdì, un punto a favore della sua difesa, guidata da Giulia Bongiorno, lo ha segnato la deposizione di Francesco Mancini, direttore del servizio immigrazione del Viminale. Mancini, che nelle sue dichiarazioni al Tribunale dei ministri aveva sostenuto che il gabinetto di Salvini al Viminale «non aveva intenzione di assegnare un Pos a Open Arms», due giorni fa ha corretto il tiro. Sia sostenendo che non sapeva se l'allora titolare del ministero dell'Interno fosse a conoscenza delle decisioni del suo gabinetto, sia chiarendo che non venne vietato lo sbarco, ma solo «sospesa» la situazione, in attesa della redistribuzione europea dei migranti.
Il colpo a favore è stato sottolineato dallo stesso leader leghista: proprio i testimoni anche quelli chiamati a deporre dall'accusa, come Mancini stanno raccontando «che ho fatto solo il mio dovere e quello che ho fatto io lo facevano quelli di prima e quelli dopo». Ma quello che preoccupa Matteo Salvini nel processo sono altri elementi. Uno dei quali, ricordano fonti della difesa dell'ex ministro, è emerso proprio durante la deposizione di Mancini. Il dirigente, infatti, ha raccontato in aula dell'esistenza di un filmato, girato da un sommergibile della Marina Militare, che testimonierebbe il primo contatto tra Open Arms e gli immigrati poi raccolti a bordo. Questi ultimi si sarebbero trovati su un barchino in navigazione in zona Sar di competenza libica quando sarebbe giunta in «soccorso» la Open Arms anche se, come detto proprio da Mancini descrivendo il video, l'imbarcazione con gli immigrati non si sarebbe trovata in una situazione di pericolo. Ma l'intervento di Open Arms, quel giorno, viene giustificato proprio con l'urgenza di salvare i passeggeri del barchino, e l'azione avviene senza che la Ong catalana avverta le autorità o lanci un allarme. Insomma, i riferimenti fatti da Mancini alle azioni portate avanti «fuori dalle regole» da alcune ong e la «mancata comunicazione alle autorità» degli interventi di organizzazioni che avevano messo in piedi «un sistema alternativo a quello ufficiale» che tanto avevano innervosito il pm Geri Ferrara più che genericamente al sistema, sembrano calzare a pennello con la vicenda Open Arms. Tanto che quel video, se ciò che si vede è quanto è stato riferito venerdì, smentirebbe la ricostruzione dell'intervento per motivi di urgenza sempre sostenuto da Open Arms. E qui cominciano le anomalie. Perché quel filmato che, per ovvi motivi, sarebbe stato trasmesso alla procura di Roma e a tutte le procure siciliane, non è tra il materiale presente nel fascicolo del processo. Il perché è tutto da capire, come anche il motivo di un'altra mancanza dagli atti del processo. Che risulterebbero «orfani», sottolineano ancora fonti della difesa del leader del Carroccio, anche della comunicazione di notizia di reato redatta dalle Fiamme gialle in cui verrebbe ipotizzato il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina a carico del Comandante della Open Arms Marc Reig Creus e al capo missione Ana Isabel Montes Mier. A parlarne, in un'udienza di dicembre scorso, era stato il capitano della Gdf Edoardo Anedda, sostenendo di aver prodotto l'informativa che ipotizzava quel reato per i due proprio per il comportamento della nave dell'ong, che a suo dire, pur potendo raggiungere la Spagna in due giorni, «in maniera ostinata» si era invece «messa nelle condizioni di andare solo a Lampedusa», finendo per girovagare tra Italia e Malta per quasi due settimane. Eppure anche questa carta, che per la difesa potrebbe portare nel processo informazioni rilevanti sull'attività dell'ong, come detto non si trova nel fascicolo. L'avvocato Bongiorno ha annunciato che «la difesa del senatore Salvini presenterà richiesta per acquisire il video e le informative in cui sarebbero riportate le anomalie nel comportamento di Open arms». E se Salvini può incassare come soddisfazione il proscioglimento del governatore lombardo Attilio Fontana per il caso camici, una vicenda per la quale il leader della Lega già dal primo giorno aveva dato una lettura chiara («Colpiscono la Lombardia per attaccare me»), collegandola al «sistema Palamara», non sarà passata inosservata la calendarizzazione della prossima udienza.
Il 17 giugno, cinque giorni dopo le amministrative e i referendum sulla giustizia per i quali Salvini si è speso (anche ieri, ringraziando il sindaco di Bergamo Giorgio Gori per il sì ai quesiti referendari). Un appuntamento al quale Salvini suo malgrado arriverà da imputato.
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