E adesso la sfida incendia le piazze. Cortei e violenze dividono gli Usa

Proteste in Arizona dei pro-Trump, interviene la polizia. Scontri e centinaia di arresti nel movimento "Black Lives" a New York, Portland, Oregon e Denver

E adesso la sfida incendia le piazze. Cortei e violenze dividono gli Usa

Washington. Si infiammano di nuovo le piazze d'America, dove i sostenitori di Joe Biden e Donald Trump manifestano, più o meno pacificamente, per opposte ragioni, fomentati dalle tensioni derivanti da operazioni di spoglio che proseguono a rilento, e dinanzi all'avvio delle prime azioni legali da parte del presidente degli Stati Uniti. Il quale denuncia inequivocabili tentativi di sabotaggio sugli scrutini. I supporter del Comandante in Capo si sono fatti sentire, anzi vedere, in Arizona, dopo che la conta delle schede è rimasta inspiegabilmente in stallo per quasi ventiquatt'ore.

Almeno 300 persone, alcune delle quali armate, si sono riunite davanti al centro elettorale a Phoenix, nella contea di Maricopa, per contestare il vantaggio del candidato democratico dopo le accuse di brogli del tycoon, al grido di «stop al furto». «Fox News fa schifo», hanno urlato altri, che contestano all'emittente di Rupert Murdoch di aver attribuito la vittoria a Biden nello stato del sud-ovest già nel corso della nottata elettorale. Altri media invece, - tra cui Cnn, New York Times e Nbc, nessuno dei quali «amici» dell'attuale inquilino della Casa Bianca - continuano a dare l'Arizona too close to call, dunque ancora in gioco. Lo Stato assegna un bottino di 11 grandi elettori, e potrebbe essere fondamentale per la vittoria. Anche il deputato repubblicano Paul Gosar, convinto sostenitore di The Donald, si è unito alla folla affermando: «Non lasceremo che queste elezioni vengano rubate, punto». In altre grandi città americane, intanto, molte marce anti-Trump inizialmente pacifiche, come accaduto nei mesi scorsi sono state progressivamente infiltrate da facinorosi i quali hanno causato tensioni e scontri, con centinaia di arresti da New York a Minneapolis, da Denver a Portland in sole dodici ore.

A Minneapolis, centinaia di manifestanti sono finiti in manette dopo che una marcia di protesta contro la presidenza Trump e la sua minaccia di cause legali ha bloccato il traffico sulla Interstate 94. Alla dimostrazione si sono poi uniti anche altri gruppi, tra cui i membri del movimento Black Lives Matter contro la polizia. A Portland, in Oregon, almeno 11 persone sono state arrestate e gli agenti hanno sequestrato fuochi d'artificio, un fucile e diversi martelli. Il governatore dello Stato, Kate Brown, ha attivato la Guardia Nazionale per contenere il rischio di violenze.

A New York, invece, circa 60 manifestanti sono stati fermati quando le proteste a Manhattan, partite da Washington Square Park, sono degenerate scatenando il caos nel West Village. Un gruppo di persone ha lanciato delle uova contro la polizia, altri hanno dato fuoco ai cassonetti della spazzatura e sfondato la vetrina di un negozio. Mentre una donna ha dato del «fascista» a un agente del Nypd e gli ha sputato addosso. La situazione potrebbe tuttavia peggiorare nei prossimi giorni, e le autorità cittadine hanno fatto sapere di essere pronte a tutti gli scenari.

Quattro arresti sono stati effettuati anche a Denver, e altre proteste sono state registrate a Detroit, Los Angeles, Seattle, Houston, Pittsburgh, San Diego.

Il timore delle autorità è che più tempo passa nell'attesa dei risultati del voto negli ultimi Stati chiave ancora in palio (Georgia, Pennsylvania, North Carolina, Arizona e Nevada), più si acuiscono le tensioni sulla scena politica con ricadute pericolose sulle piazze. Dove è già elevato - affermano le forze dell'ordine - il rischio di infiltrazioni di cani sciolti dediti ai saccheggi e gruppi organizzati e addestrati alla guerriglia urbana.

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