Roma - Il ministro dell'Economia tratta con Salvini e Di Maio per ottenere un rosso nei conti pubblici che sia il più contenuto possibile. A un giorno dalla presentazione del Nadef, la nota di aggiornamento del Def, tutte le indiscrezioni sono concordi: Giovanni Tria cederà rispetto alla soglia dell'1,6% e nel documento ufficiale potrebbe finire un disavanzo più consistente. Fino all'1,8%; 1,9% secondo le informazioni filtrate da Palazzo Chigi. Tutto pur di finanziare la riforma delle pensioni con quota 100, il reddito di cittadinanza e la riforma del fisco per le partite Iva.
Non è un caso. Da qualche giorno anche nelle banche d'affari e tra gli analisti che si occupano di Italia circolano cifre. Una è proprio l'1,9% in altri casi il 2%, come ultima trincea oltre la quale potrebbero partire gli ordini di vendere i Btp. Gli investitori, insomma, stanno sondando le intenzioni del governo per decidere se continuare a puntare sull'Italia oppure no.
La nota di aggiornamento del Def è il primo documento che impegna l'esecutivo M5s/Lega. Conterrà il quadro «programmatico» quindi, per la prima volta, sarà quantificato l'effetto sulle finanze pubbliche di tutte le scelte di politica economica che saranno prese nel 2019 da un esecutivo che molti ancora considerano anomalo.
Il giudizio degli investitori dipende chiaramente anche dal rating. In una importante banca d'affari ieri circolava uno schema su quali potrebbero essere le mosse delle agenzie. Moody's ha rinviato il giudizio sul debito italiano proprio per valutare il nuovo Def. Tra un mese toccherà a Standard & Poor's, che più generosamente non ha ufficialmente messo sotto esame l'Italia. Ma un Def troppo generoso potrebbe fargli cambiare idea. Già con un 1,9%, l'Italia passerebbe da BBB a BBB-.
Tra chi si sta orientando a vendere i titoli italiani ci sono gli analisti di Société Générale, che hanno fissato la soglia del deficit oltre la quale Moody's farà scattare un downgrade dell'Italia all'1,8%. Quindi meno di quanto il ministro Tria avrebbe promesso ai due vicepremier.
Se il ministro dell'Economia prendesse per buono il consiglio del vicepremier e leader pentastellato Luigi Di Maio, quindi fare deficit fino al 2,8% come il governo francese, la bocciatura da parte delle agenzie rating sarebbe certa. E, ancora prima del loro giudizio, partirebbe una raffica di vendite di titoli di stato italiano.
Situazione preoccupante per l'esponente di Forza Italia Renato Brunetta che ieri ha fissato la soglia oltre la quale il Paese è a rischio all'1,6%.
Oltre ci sarebbero «conseguenze devastanti per i nostri titoli di Stato, dal momento che un downgrade del nostro debito porterebbe il rating vicino al livello spazzatura e farebbe scattare una ondata di vendite sui mercati finanziari, con una impennata dei rendimenti che gli italiani pagherebbero di tasca loro». Pericoloso, quindi, fare come Di Maio che mette sullo stesso piano l'Italia la Francia. Più che Macron, secondo l'ex ministro, Di Maio sembra Tafazzi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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