Attesa da mesi, annunciata come imminente prima di Natale e invece finita nel limbo delle elezioni per il Quirinale. Rientra ora, dopo le sollecitazioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella tra le priorità dell'agenda di governo. La riforma del Consiglio superiore della magistratura potrebbe approdare la prossima settimana in consiglio dei ministri. Un'accelerazione dovuta e prevista dopo il discorso del capo dello Stato, e suggellata da un vertice immediato tra la ministra della Giustizia Marta Cartabia e il premier Draghi. Ma restano gli ostacoli politici su un provvedimento che rischia, dopo la riforma del processo penale, di spaccare ancora la maggioranza sulla giustizia. Da una parte le pressioni, dopo gli scandali che hanno fotografato un Csm espropriato dalle correnti e da logiche di appartenenza, per introdurre il sorteggio nell'elezione dei consiglieri togati, chiesto soprattutto da Forza Italia e visto con favore anche da molti esponenti del mondo giudiziario come rimedio alle spartizioni delle correnti. Dall'altra il testo a cui invece ha lavorato la Guardasigilli, che da ex presidente della Corte Costituzionale vede i rischi di illegittimità a cui potrebbe andare incontro un tale metodo di elezione. Alle forze di maggioranza aveva proposto un sistema maggioritario su collegi binominali, oltre che paletti più rigidi alle porte girevoli tra magistratura e politica. Una formula secondo i critici poco efficace contro i mali della magistratura. L'Anm - che oggi si riunisce in direttivo sulla riforma - si è schierata a maggioranza contro il sorteggio, ma nel referendum interno indetto sul tema il 42%, una quota giudicata considerevole, si è espresso a favore. Segno che anche le toghe sono divise. Nel mezzo c'è il Parlamento che rischia di bloccarsi su una riforma che invece deve vedere la luce entro la primavera, quando verranno indette le elezioni del nuovo Csm, visto che quello in carica scade a luglio. Il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto invita i partiti a trovare condivisione, «ripartiamo dalle parole del presidente Mattarella e dall'urgenza di intervenire drasticamente. L'auspicio è che la riforma diventi presto patrimonio del dibattito parlamentare. Mi auguro la rapida approvazione di una riforma efficace e condivisa». In attesa che arrivino in Aula gli emendamenti del governo, il 16 febbraio la commissione Giustizia della Camera inizierà ad esaminare gli altri 400 allegati al testo della riforma. E comincerà anche l'iter per modificare l'ergastolo ostativo, un pilastro dell'eredità della lotta alla mafia che a maggio scorso la Corte Costituzionale aveva già dichiarato illegittimo, invitando il Parlamento a varare una nuova legge entro un anno, scadenza che coinciderà proprio con i trent'anni da Capaci. «Sarebbe gravissimo e inaccettabile se il Parlamento non riuscisse ad approvare in tempo una legge fondamentale per la lotta alle mafie, che rappresenta anche un modo per tenere ancora saldo il sistema normativo voluto da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sono consapevole del fatto che tante forze politiche (compreso il M5s) hanno problemi al loro interno... ma forse, se guardiamo oltre le pareti dei palazzi romani, troviamo qualche priorità vera su cui vale la pena di essere compatti», scrive l'ex ministro Alfonso Bonafede.
Il capo politico Giuseppe Conte uscendo ieri dall'incontro con Draghi ha detto di aver chiesto nella riforma «una chiara differenziazione di ruoli tra politica e magistratura, non porte comunicanti, non ce le possiamo permettere. Bisogna dare chiarezza ai cittadini».
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