«È pronto il decreto». No, «è rinviato». «Ecco la bozza». No, «il Consiglio dei ministri deve ancora metterla a punto». È stato un tira e molla senza fine, con interminabili vertici fra premier e ministri e con annunci roboanti di Giuseppe Conte, il quale prometteva «una manovra senza precedenti», che però non ha mai preso il volo. E così il «decreto di aprile» è stato rinviato ai primi di «maggio» per arrivare a oggi trasformandosi in «decreto rilancio». Come se, settimana più settimana meno, non ci fosse alcuna urgenza. Come se chi non apre i battenti, non produce e non incassa potesse vivere, mangiare e pagare i conti usando i soldi del Monopoli. Un'odissea per imprese, commercianti, artigiani, professionisti e aziende del turismo, tutti in attesa di conoscere le linee guida per la riapertura. Ma il governo ha bisogno di prendersi il suo tempo. Che gli italiani portino pazienza. Non ricevono l'assegno di cassa integrazione? «Arriverà presto» (lo dicevano anche due mesi fa). E i bonus per gli autonomi? «Saranno pagati in automatico» (ma sono ancora centinaia di migliaia che lo attendono). E la liquidità? Davano la colpa alle banche per la troppa burocrazia, poi si scopre che ai prestiti manca la garanzia dello Stato.
Lunedì 18 maggio è il giorno delle riaperture. Tutti scalpitano, ma fino a ieri pomeriggio certezze non ce n'erano. E solo in serata, l'incontro tra Regioni e Governo ha sciolto qualche nodo. Tra i governatori si era creata una spaccatura, tra chi voleva procedere con misure locali e chi con protocolli identici da Nord a Sud. Il problema era sorto perché le linee guida stilate dall'Istituto superiore della sanità e dall'Inail per ristoranti, balneari, parrucchieri erano considerate troppo restrittive e alcune Regioni volevano usare maggiore flessibilità. Nel tardo pomeriggio poi è stato raggiunto un accordo unitario: un documento che è stato presentato al governo proprio per superare le troppe rigidità imposte dall'Inail e dal governo è stato accolto, secondo quanto è stato riferito da alcuni governatori e dall'Unione delle Province. «Il governo ha recepito le linee guida delle Regioni - ha detto il lombardo Attilio Fontana - Un passo avanti decisivo per arrivare lunedì alla riapertura di una serie di attività produttive». «Accordo pieno con il Governo sulla fase di partenza che prende il via il 18 maggio» ha annunciato anche il presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini. E così l'Umbria.
Resta il fatto che fra due giorni l'Italia riaprirà e i diretti interessati non sanno ancora ufficialmente come adeguarsi alle misure di sicurezza. Tanto più che il malloppo non è contenuto in un Dpcm ma in un decreto legge, che dovrà essere approvato dal Parlamento (Conte si è ricordato che esiste) e quindi sarà suscettibile di ulteriori modifiche. Insomma, un decreto last minute e in mutazione, come il Coronavirus. E così commercianti ed esercenti sono sul piede di guerra. «L'incertezza è sempre negativa, in una crisi drammatica come quella che viviamo è disastrosa. Non si fa così. Si attende per lunedì la riapertura del Paese. Ma ancora non si sa come - scrive Confcommercio in una nota -. Di grazia, è possibile sapere oggi (venerdì) di quali protocolli nazionali e regionali si sta parlando, posto che lunedì le saracinesche dei negozi dovrebbero tornare ad alzarsi? Centinaia di migliaia di imprese attendono con urgenza una risposta». Confesercenti è sulla stessa linea.
«Dopo circa 8300 pagine fra leggi e provvedimenti e varie circolari ministeriali, la Fase 2 sta diventando un vero e proprio caos normativo, una condizione resa ancora più difficile dall'arrivo di nuove, pesanti, sanzioni che si aggiungono a responsabilità civili e penali. Così per le imprese sarà sempre più complicato riaprire».
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