Ecco come il governo Pd aveva deciso di raddoppiare le tasse

Il governo Gentiloni aveva previsto un aumento delle tasse di 48 miliardi in tre anni. Il Pd preparava la stangata ai danni dei cittadini italiani

Ecco come il governo Pd aveva deciso di raddoppiare le tasse

La manovra al vaglio dell'Europa prevede un deficit di circa 21 miliardi, ma come spiega La Verità, "ci sono più di 13 miliardi per finanziare reddito di cittadinanza e quota 100, più circa 2,5 miliardi per le infrastrutture". Ma il Partito Democratico, che adesso lancia l'allarme sui conti, non dice che con le sue manovre avrebbe costretto l'Italia a un boom di tasse.

La Verità ha scoperto che i piani di Paolo Gentiloni e del ministro dell'Economia Piercarlo Padoan erano quelli di aumentare il gettito fiscale facendo calare la scure sui cittadini italiani. E i numeri non lasciano spazio a dubbi. "La manovra 2018 era fatta da circa 10 miliardi di deficit, poco più di 5 miliardi di tasse, 300 milioni per le politiche attive dei giovani e circa 600 milioni destinati alle infrastrutture" spiega il quotidiano. Ma quello che è ancora più inquietante era quanto previsto per il 2019: tasse per oltre 16 miliardi di euro. In sostanza, il Pd voleva togliere agli italiani più del doppio di quanto previsto dalla manovra firmata dal ministro Giovanni Tria.

Il tutto avrebbe visto introiti per 504 miliardi per la fine del 2017, di cui 250 erano di imposte dirette e 252 miliardi di indirette. Poi, col passare degli anni, i numeri sarebbero aumentati. 521 miliardi nel 2018, 534 nel 2019 e 544 nel 2020.

In pratica, in un ipotetico triennio targato Pd, le entrate tributarie nelle casse dello Stato sarebbe aumentato di circa 48 miliardi. Il tutto, era poi unito non solo a tagli generali, ma anche a meno investimenti nelle infrastrutture e nello sviluppo. E fu la stessa Corte dei Conti, per la manovra dell'anno scorso, a colpire duro contro la manovra. "L'azione di spending review portata avanti dal governo in questi anni è stata condizionata dall'urgenza impressa dalla crisi, e dunque dalle esigenze di breve periodo", ha ammonito la Corte.

Ma questo, ha continuato il presidente Arturo Martucci di Scarfizzi, ha comportato "il sacrificio di interi comparti (basti pensare al pesante declino dell' attività di investimento nelle infrastrutture pubbliche) e le difficoltà crescenti nell'offerta dei servizi alla collettività che, in alcuni settori, mostrano una riduzione significativa della qualità delle prestazioni".

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