Roma - La manovra per il 2018 partirà da una base vicina ai 20 miliardi, 19,6 per la precisione, e sarà coperta per circa 11 miliardi da maggiore deficit, per 3,5 miliardi da tagli di spesa e da 5,1 miliardi di maggiori entrate, cioè più tasse. A confermare le anticipazioni delle ultime settimane è stato ieri il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan in audizione sulla Nota di aggiornamento del Def (Nadef) dinanzi alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato.
Le entrate contabilizzate dalla prossima legge di Bilancio valgono «circa lo 0,3% del Pil in ciascuno degli anni» si legge nel documento integrativo alla Nadef presentato dal titolare del Tesoro. Le misure allo studio valgono «5,1 miliardi nel 2018 e 5,7 miliardi nel 2019» e «mirano a ridurre l'evasione di alcune imposte, in particolare le indirette». Tale intendimento conferma, perciò, la volontà di inasprire il contrasto all'elusione dell'Iva ampliando lo split payment (cioè il versamento dell'imposta sul valore aggiunto direttamente da parte della pa quando acquista beni e servizi da privati) anche ai gestori di servizi pubblici e degli enti locali. In secondo luogo, si punterà all'estensione della fattura elettronica tra privati, previo assenso dell'Unione europea, in modo tale che i dati siano immediatamente fruibili dall'Agenzia delle Entrate per la verifica di eventuali irregolarità nel versamento delle imposte.
Tale intendimento potrebbe poi prefigurare, in una fase successiva, un controllo più occhiuto sui redditi dei contribuenti la cui capacità di spesa verrà confrontata con le fatture loro intestate. Infine, come da copione, il menu comprende anche un'ulteriore stretta sulle compensazioni fiscali (già la manovrina aveva abbassato la soglia oltre la quale è necessario il visto delle Entrate a 5mila euro, ora si punta a quota 2.500).
«C'è da tremare», ha commentato il segretario di Scelta Civica ed ex viceministro dell'Economia, Enrico Zanetti, evidenziando che si tratta di «vincoli e adempimenti che complicano enormemente la vita a imprese e professionisti e talvolta, come nel caso dello spesometro, non ottengono alcun risultato tranne che far impazzire tutti: più che lotta all'evasione, sono aumenti di Iva camuffati». Anche la senatrice di Fi, Paola Pelino, è stata molto critica. «Continuare a tartassare sempre più quelli che hanno ancora il coraggio di fare impresa è una strategia economica fallimentare e senza senso», ha rimarcato guardando agli 867 miliardi di entrate attese per il 2020 (+81 miliardi sul 2016).
Padoan, ovviamente, non si scompone e ha tenuto a evidenziare come il quadro tendenziale presenti una sterilizzazione delle clausole di salvaguardia sull'Iva per 15,7 miliardi l'anno prossimo, per 11,4 miliardi (su 18,9) nel 2019 e nulla nel 2020. Insomma, il successore del ministro (a meno che non sia lui stesso) dovrà faticare un po' meno per coprire quel buco oppure ricorrere di nuovo a questo escamotage. Allo stesso tempo, l'inquilino numero uno di Via XX Settembre ha rimarcato come il calo del debito non sia «un episodio ma una tendenza che mi auguro sia inarrestabile» e ha precisato che tale sforzo andrà proseguito poiché c'è pressione dell'Ue sull'Italia affinché si sciolga questo nodo assieme a quello delle crisi bancarie. A dire il vero, il quadro previsionale mostra un calo del rapporto debito/Pil dal 132% dell'anno scorso al 131,6% del 2017 al 129,9% nel 2018. Ma tutto per merito del denominatore, come ha ricordato il capogruppo di Fi alla Camera, Renato Brunetta, sottolineando come tutte le coperture siano «aleatorie» e alludendo alla possibile riapertura di sanatoria come la rottamazione delle liti fiscali.
Due questioni restano in sospeso: le misure «selettive»
per la crescita valgono solo 630 milioni (3,2 miliardi vanno a finanziare spese previste come gli aumenti contrattuali, il contrasto alla povertà e le missioni all'estero). L'orizzonte post-2018, invece, resta misterioso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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