Dopo il passaggio di ieri al Senato, quelle di Draghi saranno dimissioni irrevocabili. Lo sa bene Sergio Mattarella, che ha avviato la exit strategy del presidente del Consiglio. A meno di clamorosi colpi di scena, che appaiono impossibili, più che improbabili, il presidente della Repubblica non tenterà la strada di un Draghi-bis. La fiducia consegnata ieri al premier con appena 95 voti positivi, sebbene burocraticamente valida, è un segnale politico forte. Il governo di Mario Draghi ha sì la fiducia, ma solo di 1 partito su 4 di quelli che compongono la maggioranza. Un risultato chiaro che non ammette margini di discussione.
Come riferisce il Corriere della sera, Sergio Mattarella era "sconcertato" mentre, davanti alla tv, osservava quanto accadeva a Palazzo Madama nonostante abbia tentato fino all'ultimo di porre rimedio a una crisi di governo aperta irresponsabilmente dal Movimento 5 stelle. Non era nei suoi piani la chiusura della legislatura a luglio, con un'agenda di governo ancora molto lunga e con gli occhi dell'Europa e del mondo puntati sull'Italia, soprattutto per la complessa partita che il pianeta sta giocando nello scacchiere della politica internazionale.
La strada di un "nuovo patto" per la maggioranza è naufragato e secondo alcuni analisti a renderlo impossibile è stato lo stesso presidente del Consiglio che l'ha invocato, avendo usato toni e parole troppo dure nei confronti dei partiti di centrodestra. Lega e FI si erano dette disponibili a proseguire con Mario Draghi ma a condizione di creare un nuovo governo senza 5s, ossia il partito che per primo ha strappato con l'esecutivo. La risoluzione Calderoli, però, è stata bocciata in favore di quella di Casini che non lasciava margini di discussione.
Sergio Mattarella la settimana scorsa aveva in extrema ratio un rinvio alle Camere di Mario Draghi ma in Senato si è consumato lo strappo definitivo e non ci sono più soluzoni. Ieri, Sergio Mattarella ha sentito tutti i partiti, ha ascoltato i loro comunicati e non ha fatto pressioni per convincerli a prendere strade diverse. Ha preso atto di quanto si sarebbe consumato di lì a poco a Palazzo Madama e ha iniziato a pensare al futuro. Nessun piano B ma la presa di coscienza che si era ormai giunti al termine della XVIII legislatura.
A breve, Maria Elisabetta Casellati e Roberto Fico saliranno al Quirinale ma non ci saranno consultazioni. Sergio Mattarella scioglierà le Camere e inizierà il cammino verso il voto, che il capo dello Stato vuole il prima possibile, possibilmente già il 25 settembre, prima data utile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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