Eliminati dal voto i candidati riformisti. L'Iran rischia un'altra rivolta popolare

Rivali in ritirata: il candidato designato da Khamenei, Raisi, ha ora la vittoria in pugno. A rischio l'accordo nucleare con gli Usa

Eliminati dal voto i candidati riformisti. L'Iran rischia un'altra rivolta popolare

Il Consiglio dei Guardiani esclude dalle presidenziali i candidati riformisti e spiana la strada alla vittoria di Ebrahim Raisi, la scelta preferita dalla guida suprema Ali Khamenei. Il 18 giugno potrebbe alla fine trionfare soprattutto l'astensionismo ma con alla presidenza l'attuale capo del potere giudiziario, un conservatore fondamentalista, anche il possibile accordo con gli Stati Uniti sul dossier nucleare rischia di diventare più difficile.

Il Consiglio è un organo costituzionale di 12 membri supervisionato da Ali Khamenei che ha il compito di valutare le qualifiche dei potenziali candidati. L'unico nome di spicco ammesso è proprio Raisi, 60 anni, già sfidante nel 2017 del presidente uscente Hassan Rohani, che ha già governato per due mandati e non poteva ripresentarsi. Escluso l'ex presidente del Parlamento Ali Larijani, moderato, considerato il principale antagonista di Raisi: sarebbe stato cassato perché la figlia risiede negli Usa. Tra gli altri bocciati anche l'ex presidente Mahmoud Ahmadinejad. Raisi è un personaggio controverso, legato alle esecuzioni di massa del 1988. È il candidato più noto dei sette aspiranti, e la sua campagna anti-corruzione ha ottenuto grande sostegno nel Paese.

Dei sette candidati rimasti nessuno è un riformista o un pragmatico di spicco. Gli altri in lizza sono il segretario del Consiglio per il Discernimento Mohsen Rezaei, l'ex negoziatore sul nucleare Saeed Jalili, il parlamentare Amir Hossein Ghazizadeh Hashemi, l'ex vice presidente ed ex governatore di Isfahan Mohsen Mehralizadeh, il governatore della banca centrale Abdolnasser Hemmati e l'ex parlamentare Alireza Zakani. Erano 585 gli aspiranti candidati che sono stati squalificati dal Consiglio. Ma il grande escluso rimane Larijani - che negli ultimi anni ha virato maggiormente al centro - e l'attuale primo vicepresidente riformista Eshaq Jahangiri. «Ho fatto il mio dovere davanti a Dio e alla cara nazione, e sono soddisfatto» ha scritto Larijani su Twitter. «Grazie a tutti coloro che hanno espresso la loro gratitudine e spero che parteciperete alle elezioni per la promozione di un Iran islamico».

Le scelte del Consiglio non fanno che consolidare la posizione di Raisi come di gran lunga il miglior candidato. Larijani e Jahangiri infatti erano visti come gli unici contendenti che avrebbero potuto avere una remota possibilità di sfidare Raisi. L'elezione però dovrebbe registrare una bassa affluenza alle urne proprio per la disaffezione alla politica degli iraniani.

Inoltre diversi candidati si sono già dimessi a favore di Raisi e altri dovrebbero seguire l'esempio prima del giorno delle elezioni. Nel frattempo il capo della magistratura ha fatto sentire la sua voce sulla decisione di escludere i riformisti dal voto. «Ho preso contatti e sto tenendo consultazioni per rendere la scena elettorale più competitiva e partecipativa» ha scritto. Ora però inizia la campagna elettorale. I candidati approvati potranno portarla avanti fino al 16 giugno, due giorni prima delle elezioni. Ci saranno tre dibattiti televisivi le cui date però non sono state annunciate.

Il ministero dell'Interno nel frattempo ha detto che potrebbe estendere il voto fino alle 2 del mattino del 19 giugno poiché le urne non

funzioneranno a pieno regime per osservare le linee guida anti-Covid nel Paese più colpito dal virus in Medio Oriente. La tensione nel frattempo sale. C' è il rischio di rivolte per aver escluso dal voto tutti i riformisti.

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