ETICA E POLITICA

RomaDiritti sì, matrimoni no. La Corte di Cassazione dice di no alle nozze gay con una sentenza che chiarisce come nè la Costituzione italiana, nè l'Europa, impongono al legislatore di estendere il vincolo del matrimonio alle persone dello stesso sesso, ma che queste hanno comunque diritto ad uno «statuto protettivo» con diritti e doveri delle coppie di fatto.

I giudici della prima sezione civile della Suprema Corte sono intervenuti sull'argomento respingendo il ricorso di una coppia di omosessuali che volevano sposarsi a Roma, in Campidoglio, e pubblicare le nozze nonostante il diniego dell'ufficiale di stato civile. Le motivazioni della decisione sono state depositate ieri. Gli ermellini ricordano che i matrimoni gay «non sono previsti tra le ipotesi legislative di unione coniugale», ma nello stesso tempo sottolineano la legittimità costituzionale di un intervento del legislatore ordinario per predisporre «uno statuto di diritti e doveri coerente con il rango costituzionale» delle unioni tra persone dello stesso sesso. Questo, per la Cassazione, porta ad escludere che l'assenza di una legge per le nozze omosessuali produca «la violazione del canone antidiscriminatorio».

I supremi giudici smorzano dunque gli entusiasmi di chi si batte per il riconoscimento delle unione gay ma auspicano, anzi sollecitano, un tempestivo intervento del legislatore per dare «riconoscimento» ai diritti delle coppie omosessuali, o meglio a un «nucleo comune di diritti e doveri di assistenza e solidarietà propri delle relazioni affettive di coppia», così come previsto dall'articolo due della Costituzione che tutela i diritti umani dei singoli e della loro vita sociale affettiva. La Cassazione fa riferimento a due sentenze della Corte Costituzionale per escludere che «la mancata estensione del modello matrimoniale alle unioni tra persone dello stesso sesso determini una lesione dei parametri integrati della dignità umana e dell'uguaglianza». Del resto, per gli ermellini, «il nucleo affettivo-relazionale che caratterizza l'unione omo-affettiva» riceve un diretto riconoscimento costituzionale sempre dall'articolo due della Costituzione e «può acquisire un grado di protezione e tutela equiparabile a quello matrimoniale in tutte le situazioni nelle quali la mancanza di una disciplina legislativa determinauna lesione di diritti fondamentali scaturenti dalla relazione in questione».

I giudici della prima sezione civile non dimenticano di buttare un occhio all'Europa, anzi passano in rassegna la Carta dei diritti fondamentali della Ue soffermandosi sull'articolo 12, il quale «ancorché formalmente riferito all'unione matrimoniale eterosessuale, non esclude che gli Stati membri estendano il modello matrimoniale anche alle persone dello stesso sesso, ma allo stesso tempo non contiene alcun obbligo». Ogni Stato, dunque, ha ampia autonomia sul tema delle nozze gay.

La sentenza, come prevedibile, non è passata inosservata. Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center, vede il bicchiere mezzo pieno: «Bisogna guardare il lato positivo: la Cassazione ha comunque sancito il diritto per le coppie omosessuali ad avere un riconoscimento dei propri diritti. Sia uno stimolo per il Parlamento». Andrea Marcucci, Pd, presidente della commissione Cultura del Senato, affida a Twitter il suo pensiero: «Unioni civili presto in aula. Riforma non più rinviabile».

«C'è un giudice a Berlino», commenta invece Fabio Rampelli, capogruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: «Con questa sentenza è stata finalmente resa giustizia delle tante, troppe, farneticanti interpretazioni pseudo-giuridiche sul presunto diritto dei gay a contrarre matrimonio».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica