«La soluzione per combattere l'inflazione non è aumentare il costo del denaro. Se si continua così si rischia di bloccare l'economia». Il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, ieri a Palermo per il 40simo della strage Chinnici ha ribadito le proprie critiche alla politica monetaria della Banca centrale europea che ha continuato a far salire il costo del denaro portandolo al 4,25 per cento. «Aumentano i tassi dei mutui e questo è pericoloso e dannoso per la crescita e per le imprese», ha aggiunto precisando che «naturalmente la Bce può fare quello che vuole perché è indipendente ma mi auguro che Lagarde ascolti il grido di dolore che arriva dall'Italia perché noi abbiamo anche il dovere di difendere imprese e famiglie». Tajani ha ricordato che anche per il governatore della Banca d'Italia Visco e per il presidente dell'Associazione bancaria Italiana Patuelli «la soluzione giusta non è aumentare i tassi d'interesse per sconfiggere un'inflazione che in Italia viene dall'esterno, dall'aumento del costo delle materie prime», a differenza degli Usa dove l'incremento dei prezzi è causato da una vivace crescita economica e dell'occupazione.
Le preoccupazioni del ministro degli Esteri hanno trovato conferma nella più recente analisi della Fabi (il principale sindacato dei bancari) pubblicata ieri. Un punto percentuale degli stipendi delle famiglie italiane è «mangiato» dai tassi d'interesse su mutui, prestiti e credito al consumo. La quota delle rate rispetto al reddito disponibile è passata dal 9,5% del 2019 al 10,55% di marzo scorso e, visti i successivi aumenti del costo del denaro, questa percentuale, è destinata salire. Questo «shock finanziario» vede l'Italia divisa in due: i mutui sono meno cari al Nord, mentre gli interessi sono alle stelle nel Mezzogiorno e nelle Isole. I tassi praticati dalle banche sono più elevati per le famiglie italiane che vivono nel Sud (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia) e nelle Isole.
In Sicilia e Sardegna la media dei tassi d'interesse sui mutui è del 4,23% e nel Mezzogiorno è al 4,18%, contro il 4,1% del dato nazionale. Al Settentrione le condizioni sono più favorevoli. Nel Nord Ovest la media dei tassi è pari al 4,09%; nel Nord Est, invece, i tassi medi sono i più bassi d'Italia (3,99%). Ovviamente, i prestiti nel Mezzogiorno sono più rischiosi e, dunque più cari. «I numeri dei fallimenti di imprese sono numericamente più rilevanti e le famiglie faticano a pagare le rate dei prestiti e dei mutui», ha evidenziato il segretario della Fabi Lando Maria Sileoni rimarcando che «negli ultimi tempi c'è da parte degli istituti di credito più sensibilità ai problemi di famiglie e imprese». Il problema, ha aggiunto, è che «l'inflazione si combatte non solo con l'aumento dei tassi ma anche con altri strumenti il primo dei quali è l'aumento degli stipendi». Non a caso nel rinnovo del contratto nazionale dei 280mila bancari i sindacati hanno chiesto agli istituti 435 euro di incremento medio mensile da distribuire in più rate. «In Italia altri 7 milioni di lavoratori hanno i contratti scaduti e vanno tutti rinnovati con riconoscimenti economici adeguati», ha concluso Sileoni.
Tajani ha invece ribadito che l'intenzione del governo è quella di allentare la morsa dei prezzi incidendo sulla leva fiscale.
L'obiettivo, ha detto, è «aiutare i nostri concittadini con una politica economica che dovrà basarsi sulla riforma tributaria e su quella della burocrazia e del fisco». Solo sedici tributi servono a dare il 97% delle entrate, ha ricordato e «tutti gli altri sono tributi inutili che andrebbero cancellati».
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