Fermato l'ex: mesi di stalking e poi l'agguato nell'androne

L'infermiera, 52 anni, uccisa a coltellate dopo il rifiuto. Il dolore della sorella: "Non sono riuscita a salvarti"

Fermato l'ex: mesi di stalking e poi l'agguato nell'androne
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Fermato il killer di Monte Mario. Omicidio volontario aggravato e premeditato, le accuse. Adil Harrati, 45 anni, marocchino, è stato bloccato dalla squadra mobile romana all'alba di ieri nella sua abitazione. Portato a San Vitale, non ha fornito un alibi, non ha detto una sola parola davanti alla pm Claudia Alberti che ha cercato, inutilmente, di interrogarlo. Pittore edile, l'uomo conosce Rossella Nappini, 52 anni, infermiera di vecchia data al San Filippo Neri, durante i lavori di tinteggiatura dell'appartamento che la vittima divideva con la madre, la sorella e le sue due figlie. Con la donna Adil ha una relazione burrascosa, terminata dopo una serie di tira e molla dalla stessa Rossella. Ma lui, Adil, non ne vuole sapere di troncare il suo «folle amore». Glielo scrive persino con un chiodo sulla fiancata dell'auto che la poveretta ha appena acquistato. La tormenta con una sfilza di messaggi e chat a cui Rossella risponde sempre picche.

Aveva paura, Rossella, ma non abbastanza da denunciarlo. «Ieri si è presentato qui per discutere con lei» racconta alla polizia la madre 80enne della vittima. L'anziana non lo fa entrare in casa, al 61 di via Giuseppe Allievo, quartiere Monte Mario - Trionfale. Adil attende nell'androne che rientri dal lavoro. Uno stop al bancomat di zona e, alle 17 di lunedì, il drammatico faccia a faccia con l'assassino. I due discutono a voce alta, li sentono in tanti nella palazzina in cortina a pochi passi da Primavalle, dove abita il pittore. Poi le grida di aiuto mentre l'uomo si scaglia con una serie di coltellate su di lei. Almeno 20 i fendenti che la uccidono in pochi istanti mentre il 45enne si precipita fuori, attraversando il cortile e partendo a razzo con la sua auto. La stessa ripresa da alcune telecamere della zona e che inchiodano l'assassino. Per un soffio, una manciata di secondi, un uomo non lo incrocia. «Ho visto solo una figura fuggire dopo aver sbattuto il portone» dirà ai primi agenti accorsi sul posto il vicino sceso per soccorrere la donna. Non una rapina, non una violenza sessuale: la borsa di Rossella è lì, accanto al cadavere e dal primo esame medico legale non ci sono altri segni di violenza oltre alle coltellate. L'arma viene cercata nei cassonetti delle strade vicine, in casa del presunto assassino, nella sua macchina. Ma non si trova. È l'unico elemento che manca all'appello per l'ennesima, agghiacciante, violenza di genere. Il 78esimo femminicidio in Italia dal primo gennaio, una strage. Un'inchiesta lampo, quella della questura di Roma, coordinata dal pool antiviolenza della Procura. «Bisogna denunciare, sempre» sottolineano gli inquirenti che grazie ai familiari, testimoni diretti di mesi di stalking da parte dello straniero, sono arrivati a lui dopo aver interrogato una rosa di persone sospette, a cominciare dall'ex marito che, però, ha un alibi di ferro. «Purtroppo questa volta non sono riuscita a salvarti - posta su Fb Monica Nappini, sorella della vittima -. Una cosa è certa, starai vicino a papà come volevi. Rip sorellina mia». In un secondo post aggiunge: «Giustizia fatta, adesso devi marcire in carcere» riferendosi all'omicida. La tragedia di Rossella lascia sgomenti parenti, amici, colleghi della Asl Roma1 dove lavorava. «Cavolo Rossè - scrive il cognato Francesco -. Non trovo una foto che stiamo insieme. Voglio ricordarti così cognata mia. Ricordo perfettamente quando stampammo sta foto assieme. T'ho voluto bene malgrado i nostri litigi. Mi mancherai tantissimo, capocciona mia! Che la terra ti sia lieve». «Un femminicidio - si legge sul profilo Fb del San Filippo Neri - non è mai solo un episodio di cronaca. Per questo non dobbiamo mai cedere alla banalizzazione di un simile dramma ma restare vicini a questa famiglia e a quella di tutte le vittime.

Non esistono motivazioni reali per simili gesti, si tratta di una barbarie che dovrebbe farci riflettere e vergognare tutti». In attesa della convalida del fermo di pg e dell'interrogatorio di garanzia, Harrati è stato rinchiuso nel carcere di Regina Coeli.

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