"Finalmente ricordato il valore di noi militari"

Il generale Bertolini: "Applaudo Mattarella, non era scontato riconoscere i nostri sacrifici"

"Finalmente ricordato il valore di noi militari"

Chi lo conosce lo sa. Il generale in congedo Marco Bertolini, 64 anni, attuale presidente dell'Associazione Nazionale Paracadutisti, non è un uomo con troppi peli sulla lingua. In 44 anni di carriera è stato incursore in Libano e Somalia per poi comandare la Brigata Paracadutisti Folgore, il Coordinamento delle Forze Speciali e, infine, il Comando Operativo Interforze, la struttura al vertice di tutte le operazioni militari. E non è mai stato incline ai facili complimenti. Ma stavolta non si tira indietro. «Il discorso del presidente Sergio Mattarella per la festa del 4 novembre spiega a Il Giornale - è stato un discorso alto. Il richiamo al ruolo delle Forze Armate da parte di un Presidente che è il loro capo supremo, può sembrare scontato, ma non lo è. L'Italia è presente nel mondo anche grazie ai suoi soldati impegnati - a partire dal Libano 35 anni - fa nelle aree più delicate. E questo è particolarmente importante visto il livello di conflittualità in un area del Mediterraneo dove i focolai di guerra sono in continuo ampliamento. In questo contesto non possiamo prescindere dall'essere forti anche militarmente. Sottolineare il ruolo delle Forze Armate significa ricordare che la difesa dei nostri interessi dipende anche da loro». Ma le parole del presidente Mattarella, secondo Bertolini, puntano anche a mitigare il peso dei tagli di bilancio. «Le Forze Armate vivono un momento paradossale. Sono presenti in teatri operativi delicati e importanti per la nostra sicurezza, ma fanno fronte ad una penuria di risorse sempre più pesanti. In questo momento difficile il Presidente ha saputo scegliere le parole giuste». E tra le parole pronunciate da Mattarella il generale sottolinea soprattutto quelle che qualcuno potrebbe considerare desuete come «tradizione» e «sacrificio». «Nei decenni spiega Bertolini - si è andata imponendo una vulgata rivolta a negare al soldato italiano qualità e virtù militari come quelle che invece ammiriamo tanto negli altri. Invece non è vero. Il soldato italiano è sempre stato un soldato valoroso capace di affrontare difficoltà enormi. Ed è uscito vincitore dalla prima guerra mondiale, un conflitto di posizione durissimo e sanguinosissimo. Il fatto di richiamare queste virtù penso sia un dovere a cui non devono sottrarsi né i nostri Presidenti, né i nostri politici. Le nostre Forze Armate offrono un enorme contributo di efficienza, di spirito di sacrificio, di dedizione alla patria. Chi governa il Paese deve esserne degno e saperlo utilizzare. Per questo il Presidente fa benissimo a ricordare il valore dei nostri soldati». A Bertolini piace anche l'invito a «coltivare la memoria» delle Forze Armate e «comprendere l'inestimabile ricchezza morale che ci hanno trasmesso». «Spesso dice il generale - passa l'idea che l'Italia sia nata 70 anni fa. O cento anni fa con l'unificazione nazionale. L'Italia invece esisteva da molto prima. É nata dalla condivisione di valori e di modelli di vita che hanno spinto vari popoli a combattere per l'Unità con dedizione ed efficienza. Alla fine l'unificazione è stato solo un atto formale perché i nostri popoli erano già un popolo solo». Il generale sottolinea anche il passo in cui il Presidente ricorda gli «eroi rimasti ignoti» che «ci donarono il compimento del disegno risorgimentale». «Gli atti d'eroismo d'una generazione di giovanissimi soldati finiti letteralmente stritolati dal Carso alle Alpi sono stati tantissimi, ma di molti di questi non esiste documentazione. Molte famiglie non seppero mai dov'erano morti i loro cari.

Il soldato ignoto è il simbolo più bello e più alto lasciatoci da quella generazione. Portato a Roma e sepolto in quell'Altare della Patria simbolo della nostra unità è anche il simbolo della nobiltà di una generazione capace di fare cose che dovremmo ricordare sempre».

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