Un italiano su due con un familiare positivo al Covid 19 non ha avuto alcuna indicazione sulle precauzioni da seguire. Il risultato? Soltanto il 5 per cento ha osservato in modo rigoroso la quarantena. L'allarme sul rischio dei contagi familiari e sul fatto che ai conviventi dei positivi veniva fatto il tampone soltanto in caso di sintomi evidenti, era stato lanciato dai virologi fin dalla prima fase dell'epidemia. L'isolamento domiciliare dei positivi che non richiedevano ricovero avrebbe trasformato quelle famiglie in centinaia di microfocolai. E ora anche i risultati dell'indagine della Fondazione The Bridge confermano come sia mancata ai cittadini un'informazione rapida e trasparente e che come conseguenza ci siano stati comportamenti non sempre adeguati allo stato d'emergenza. Tra coloro che sono stati messi in quarantena obbligatoria soltanto nell'1 per cento dei casi è stata eseguita una verifica dell'osservanza dell'isolamento.
Il presidente della Fondazione The Bridge è Rosaria Iardino, membro del Comitato Etico dell'Iss e consulente della Lombardia per i protocolli terapeutici sull'Hiv. Attivista sul fronte della salute da quando fu protagonista, lei sieropositiva, insieme all'immunologo Fernando Aiuti del famoso bacio che impresse una svolta all'opinione pubblica sulla malattia.
La Iardino sottolinea prima di tutto «la preoccupante mancanza di fiducia nell'informazione istituzionale» visto che la maggioranza delle famiglie entrate in contatto con il Covid 19 ha preferito rivolgersi al medico di famiglia piuttosto ai contatti forniti a livello nazionale e regionale dal ministero e dai servizi locali. Non solo: il 44 per cento di quelli che si sono rivolti ai numeri istituzionali non ha avuto risposte adeguate. Soltanto il 16 per cento si è detto soddisfatto delle informazioni ricevute. Ancor più grave che il 49 per cento dei familiari di un malato di Covid non abbia avuto indicazioni con il risultato che isolamento e quarantena non sono stati rispettati.
Dati allarmanti, prosegue la Iardino che poi punta l'attenzione sul dopo Covid e sulle difficoltà di smaltire il lavoro arretrato perché per settimane la sanità pubblica ha concentrato tutte le proprie energie al contrasto dell'emergenza. «Il nostro sistema sanitario già sotto stress una volta terminata l'emergenza rischia di non essere più in grado di assorbire la normale routine», denuncia la Iardino. L'indagine ha anche monitorato quale sia stato il livello di risposta alle problematiche extra Covid nei giorni dell'emergenza. Il 55 per cento di chi soffre di patologie croniche ha avuto difficoltà ad accedere ai servizi sanitari sia per le visite sia per gli accertamenti diagnostici.
Per il 65 per cento i tempi di attesa, che già non erano brevi, si sono ulteriormente allungati. Nel solo settore oncologico sono 4 milioni le prestazioni arretrate da erogare mentre la mortalità per le patologie che necessitano interventi d'urgenza come quelle cardiache è aumentata del 20 per cento.
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