Non cè pace nel Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte, che probabilmente non credeva fossero così tante le grane nel partito quando ne ha preso le redini. Tra quelle che animano maggiormente i grillini negli ultimi giorni c'è il nodo delle restituzioni. I soldi tornano centrali nell'amministrazione del M5s, dove la poltica sembra aver ormai assunto contorni secondari. Da una parte, infatti, c'è la questione del 2x1000 chiesta dal leader e dall'altra quella della restituzioni ai fuoriusciti, che potebbero anche dare il via a una class action contro il partito.
La votazione per il 2x1000 che spacca il partito
I vertici ora hanno il fiato sospeso perché in queste ore gli iscritti stanno votando per decidere se il Movimento 5 Stelle dovrà o meno iscriversi al registro dei partiti per ottenere i fondi del 2x1000. Se vincesse il sì sarebbe l'ennesima giravolta del Movimento, che farebbe così cadere uno degli ultimi tabù, ovvero il rifiuto netto e categorico di qualsiasi forma di finanziamento pubblico. Ma ormai il M5s ha abituato a qualunque cosa.
"Nel caso in cui prevarrà il no, non cambierà nulla", ha spiegato Giuseppe Conte sui social, invitando la base a votare con serenità. Al momento non è previsto l'intervento di Beppe Grillo sul tema, anche se fino a pochi anni fa, quando i 5stelle erano un "movimento di lotta" e non di governo, esprimeva tutta la sua contrarietà. Su questa linea sono ancora fermamente ancorati Primo di Nicola e Danilo Toninelli.
Tra i più duri c'è proprio l'ex ministro: "Vincerà il sì per il 2x1000, ma... prima di votare ricordiamoci che si chiama finanziamento pubblico indiretto: invece di destinare parte dei soldi delle tasse, ad esempio, per pagare le pensioni, essi vengono versati nelle casse di un partito. Meno democrazia diretta, più organi interni: per accedere al 2x1000 dobbiamo iscriverci al registro nazionale dei partiti e siamo obbligati a strutturarci di conseguenza. Il M5S deve evolversi, lo sappiamo tutti. Ma non è detto che lo debba fare diventando come gli altri partiti".
Anche il senatore Di Nicola è contrario alla misura: "Voto No all'utilizzo del 2 per mille chiesto dal presidente del M5s Giuseppe Conte. L'idea di attingere a soldi pubblici, oltre che sbagliata per la necessità contingente - il finanziamento della struttura interna che si sta mettendo in piedi - rischia di rappresentare un passo epocale, decisivo, verso l'omologazione del M5S alla vituperata partitocrazia. Utilizzare risorse e finanziamenti pubblici significa farsi partito come gli altri, quasi rinunciare ad ogni speranza di cambiamento del sistema politico".
Caos restituzioni
Ma ben più complesso è il discorso delle restituzioni. Pare che la classe dirigente del partito sia sulle braci perché i fuoriusciti potrebbero chiedere (e ottenere) il rimborso dei soldi versati negli ultimi tre anni sul conto del Comitato rendicontazioni e rimborsi del M5s. Questa è la cassaforte del Movimento, dove gli eletti ogni mese hanno fatto confluire parte del loro emolumento da deputati. A breve dovebbe essere definitivamente liquidata, pare che siano in corso le selezioni per scegliere gli ultimi progetti benefici ma l'ipotesi delle restituzioni fa paura al M5s. Se c'è il timore dela class action è evidente che potrebbero esserci le basi per un'azione efficace da parte dei fuoriusciti, che potrebbero riottenere quanto versato.
L'ipotesi non pare essere nemmeno così peregrina se nel Comitato restituzioni sarebbe stata individuata una "quota precauzionale" compresa tra i 50 e i 150mila euro per fronteggiare le eventuali spese legali. Una quota che, a ben vedere, è anche piuttosto scarsa se si considera che l'anno scorso due consiglieri regionali in Liguria riebbero indietro circa 50mila euro donati grazie a un accordo.
Al momento, stando a quanto viene riferito, sarebbero pochi i parlamentari espulsi ad aver presentato formalmente ricorso, al momento non più di tre. Ma la paura cresce nel Movimento, dove si teme un effetto "piano inclinato" che potrebbe spingere molti altri fuoriusciti a muoversi in questa direzione.
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