Fuga di verbali di Amara. "Davigo e Storari a processo"

La procura di Brescia chiede il rinvio a giudizio. L'ex toga avrebbe mostrato le carte a 8 persone

Fuga di verbali di Amara. "Davigo e Storari a processo"

«Imputato Davigo, si alzi». Da ieri l'ex pm Mani Pulite entra a far parte ufficialmente della categoria cui per anni ha riservato giudizi severi: gli imputati, brutta genia abituata a usare i cavilli del codice per farla franca. Anche Davigo ha cercato fino all'ultimo di schivare il processo, sostenendo di avere ricevuto i verbali del «caso Amara» dal pm milanese Paolo Storari nella propria veste istituzionale di membro del Consiglio superiore della magistratura. Niente da fare. Ieri il procuratore della Repubblica di Brescia Francesco Prete firma la richiesta di rinvio a giudizio per Davigo e per Storari per rivelazione di segreto d'ufficio.

Un solo capo d'accusa per Storari, due per il «Dottor Sottile» di Tangentopoli, che nella ricostruzione della Procura bresciana appare come il vero dominus dell'operazione: prima Davigo istiga Storari a consegnargli i verbali, poi a Roma li divulga a mano e a voce in ogni direzione. Almeno otto le persone cui Davigo è accusato di avere mostrato, descritto o addirittura consegnato i verbali. Di passo in passo, le rivelazioni del «pentito» Piero Amara sulla misteriosa loggia Ungheria arrivarono fino al Quirinale, riferite al capo dello Stato dal vicepresidente del Csm David Ermini, che dopo avere ricevuto i verbali da Davigo li distrugge («provai ribrezzo») e poi va a raccontare tutto a Sergio Mattarella.

In questo inedito corto circuito istituzionale e giudiziario, che la Procura bresciana ha ricostruito per filo e per segno, manca solo un pezzo: il movente. Se Storari agisce scompostamente in polemica con i suoi capi che accusa di voler affossare le indagini, cosa spinge Davigo? La rivalsa verso il suo ex amico Sebastiano Ardita, che nei verbali viene accostato alla loggia? L'ansia di protagonismo, assillante in mesi in cui la pensione si avvicinava?

In attesa delle spiegazioni dell'imputato Davigo, si può prendere atto che - forse per la prima volta - si va verso un processo pubblico che dovrà scavare sui meccanismi che governano davvero la magistratura italiana, sui rapporti tra singoli, aree, gruppi di potere. D'altronde l'intera vicenda dei verbali sulla loggia è strettamente intrecciata al «caso Palamara»: quando Davigo e il consigliere grillino del Csm Fulvio Gigliotti parteciparono al voto disciplinare che espulse Luca Palamara dalla magistratura sapevano che buona parte dei protagonisti dell'affare (compreso il procuratore di Perugia Luigi de Ficchy, titolare del fascicolo) erano indicati da Amara come affiliati alla loggia ma si guardarono dal condividere le loro conoscenze col resto della commissione né si astennero. Ora è la Procura di Perugia a doversi occupare della denuncia depositata da Palamara contro Davigo per falso e abuso. E chissà se anche da quel versante qualche verità non possa venire a galla.

Il cuore rimane comunque Brescia, competente sui reati commessi da magistrati in servizio a Milano. E qui accanto al fascicolo contro Davigo e Storari c'è anche quello contro i due pm milanesi titolari dell'indagine sulle presunte tangenti Eni: l'inchiesta da cui scaturisce anche quella sul caso Ungheria, perché contro l'Eni il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro cercano di utilizzare le dichiarazioni di Amara, il pentito-calunniatore. De Pasquale e Spadaro sono indagati a Brescia, nei prossimi giorni saranno interrogati, dovranno spiegare perché non abbiano esibito nel processo all'Eni prove a discarico degli imputati di cui erano in possesso.

Formalmente per ora le due indagini bresciane hanno viaggiato parallele ma separate: se però, come è possibile, anche per De Pasquale e Spadaro verrà chiesto il rinvio a giudizio è probabile che i due casi vengano riuniti, tale è la loro connessione. E ne verrebbe fuori ancor di più un processo al sistema con cui le indagini penali sono state per anni gestite e utilizzate: a Milano e non solo a Milano.

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