Giachetti cade sui Giochi e la Raggi cerca alleanze

La carta migliore del candidato del Pd potrebbe diventare inutile. Intanto la grillina tira dritto

Giachetti cade sui Giochi e la Raggi cerca alleanze

Roma Cinque Stelle o cinque cerchi? Dieci punti da rimontare sono tanti, recuperare a sinistra o sfondare al centro appare un'operazione difficile, così al momento la carta migliore in mano a Roberto Giachetti resta quella olimpica: se mai riuscisse a trasformare il ballottaggio in un referendum sui Giochi, la partita, forse, chissà, si potrebbe riaprire.

La Raggi infatti è contraria. «La Capitale - dice rispondendo al un questionario di preparato da Stefano Fassina - nelle condizioni in cui è stata lasciata ha la necessità di occuparsi prima dell'ordinario e poi dello straordinario. Tra l'altro qui sembra che qualcuno parli dei Giochi Olimpici pensando ai giochi del mattone». Sembrava che la candidata ci stesse ripensando, visto che il 56 per cento dei romani è favorevole e che le Olimpiadi, secondo diversi studi, potrebbero portare dieci miliardi, più indotto. Il sindaco di Barcellona Narcis Serra ricorda che «nel '92 noi rifacemmo la città». Per non parlare dei voti dei romanisti. Ma Virginia tira dritto, Malagò e Totti si possono mettere il cuore in pace. «Un referendum? Vedremo. Ricordo però una frase del sindaco Argan, Roma è una città di gente senza case e di case senza gente. Quarant'anni dopo non è cambiato molto. Pensiamo all'ordinario».

Giachetti al contrario la considera «un'opportunità» perché «si mobiliterebbero risorse pubbliche e private aggiuntive che altrimenti non sarebbero a disposizione». L'obbiettivo? «170mila posti di lavoro». I costi? «Un miliardo e sette di versamento dal Cio (che se no andrebbero altrove) e il resto interamente sostenuti da privati attraverso sponsorizzazioni e marketing o dal governo per le infrastrutture che resteranno alla città».

Ma in attesa di verificare se davvero i romani si scalderanno su questo argomento fino a farne il tema chiave del ballottaggio, i due candidati cercano accordi o alleanze. Sul versante sinistro, vedere cosa farà Fassina può far capire quanto Giachetti sarà in grado di recuperare di quell'area. Sel sembra disposta ad appoggiarlo mentre Sinistra Italiana resterà neutrale, anche se non è detto affatto che le decisioni dei vertici rispecchino le intenzioni degli elettori. Poi c'è il Marziano. Ignazio Marino si fa vedere a Ostia a un circolo Pd e rifiuta il suo endorsement per il vicepresidente della Camera. «Solo se mi fa vedere una carta scritta con le scuse di Renzi», dice l'ex sindaco.

Renzi appunto. Il premier non è al massimo della popolarità, un comizio con lui potrebbe trasformarsi in un autogol. «No, il problema non è Matteo - sostiene Giachetti - se viene sono contento, ma è di una classe dirigente di Pd e centrosinistra. Noi dobbiamo rispondere con un cambiamento reale». Sull'altro fronte, anche M5S sta pensando se far venire Grillo al comizio finale o se conviene tenerlo nascosto.

E il centrodestra? Marchini aspetta di

incontrare i due pretendenti, Lupi si schiera con Giachetti, Salvini offre il suo appoggio, rifiutato, alla Raggi. Forza Italia e Meloni sono per l'astensione. «A Pd e a Cinque Stelle nemmeno un dito», spiega Maurizio Gasparri.

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