Milano. Tre anni di processo, vagando da un'aula bunker all'altra; e sapendo, in tutto quel caos logistico, di stare scrivendo una pagina importante della storia giudiziaria italiana. Anni di battaglie anche dure segnate dal rispetto reciproco tra i protagonisti del processo Ruby ter: neanche una volta, anche nei momenti più difficili, è venuta la sensazione che il processo potesse uscire dai suoi binari.
Un pubblico ministero, un avvocato, un giudice. Tiziana Siciliano, procuratore aggiunto della Repubblica che l'altroieri, con il peso della sconfitta ancora fresco, riesce a sorridere e a rivendicare la sua buona fede. Federico Cecconi, difensore di Silvio Berlusconi, cui negli stessi istanti tocca l'onore di inviare al Cavaliere il bollettino della vittoria. E sopra di loro, anche fisicamente distante, il presidente della Settima sezione del tribunale, Marco Tremolada. Sessantun anni, cognome milanese che più non si può, bravo tennista, da sempre temuto dagli avvocati per il suo rigore sconfinante nella severità. Sul suo tavolo il processo Ruby arriva nel 2019 per caso, dopo una serie di andirivieni e accorpamenti del fascicolo.
Se fosse arrivato ad un altro giudice, la storia forse sarebbe stata diversa. Perché fin dall'inizio Tremolada si è dimostrato severo anche nell'affermare le regole del processo anche quando andavano nell'interesse degli imputati, espellendo come prima mossa dall'elenco delle parti civili tre fanciulle alla caccia di risarcimenti. E poi, per tutto l'arco del processo, fino alla decisione finale, restando aggrappato - in mezzo a mille suggestioni e condizionamenti - soltanto alla legge.
Negli stessi mesi, Tremolada ha condotto un altro processo importante, gli imputati di corruzione erano i vertici dell'Eni. Anche lì ha assolto tutti. Ma in quel processo è accaduto l'inverosimile, e quando la Procura si è resa conto che tirava aria di assoluzione ha cercato di infangare Tremolada, di costringerlo ad abbandonare, senza riuscirci. Invece nel processo Ruby la Siciliano non ha mai, neanche per un istante, messo in discussione l'autorevolezza del giudice: neanche quando emise l'ordinanza che dichiarava nulli i verbali delle Olgettine, interrogate senza avvocati e senza diritti, facendo già capire che su quell'ostacolo l'accusa era destinata a schiantarsi.
Nel suo banco di accusatrice, Tiziana Siciliano ha vissuto con apparente serenità lo sfaldarsi dell'inchiesta cui aveva lavorato tanto. Sessantasette anni, dal 2017 procuratore aggiunto della Repubblica, divenuta celebre per il processo per l'eutanasia di Dj Fabo dove chiese e ottenne l'assoluzione del radicale Cappato, non ha mai perso la calma (come accadeva sovente a Ilda Boccassini).
Federico Cecconi, 57 anni,
avvocato di Berlusconi dopo che una mossa della Procura aveva reso incompatibile Niccolò Ghedini con la difesa del Cavaliere, arrivando in aula per l'ultima udienza ha abbracciato e baciato la Siciliano. Non accade spesso.
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