«Amareggiato per le critiche? Macché. Mi prendo una piccola soddisfazione: ho avuto 16mila voti più della somma delle liste di centrodestra. Lo dicono i dati». Stefano Caldoro lascia il posto di governatore della Campania a Vincenzo De Luca, ma vuole uscirne con dignità.
Per Salvini in Campania e in Puglia l'offerta non è stata all'altezza e per questo la coalizione ha perso, con lei e con Fitto. La sua risposta?
«Con una battuta, se io non ho scaldato i cuori, gli altri li hanno gelati. Perché il mio partito, Forza Italia, più la Lega, Fdi, Udc e altre liste connesse arrivano a 450.856 e io, con il voto disgiunto, da solo ne ho avuti 464.921, numeri ufficiali».
Rimane la schiacciante vittoria di De Luca e il suo 18%, da ex governatore.
«E questo si spiega con la dote Covid: oltre il 50% degli elettori ha deciso comunque di confermare il presidente uscente. È un fenomeno ampio, che ha riguardato tutti i presidenti che hanno gestito l'emergenza e ha portato una valanga di consensi personali, cifre pazzesche: Zaia al 57%, De Luca al 44, Toti al 30, Emiliano al 20, il più basso. Noi avversari giocavamo in metà campo, in un bacino ristretto».
Vuol dire che ha vinto la paura, più che il candidato?
«Ho fatto 20mila chilometri in campagna elettorale e tanti per strada mi dicevano: Non si doveva votare, non si cambia comandante quando guida la nave in tempesta'. Di destra o sinistra, ammiratori o critici verso De Luca, ripetevano tutti la stessa storia. Ho capito che la preoccupazione per il futuro faceva dei governatori in carica degli eroi anti-Covid, tra virgolette. Lo dicono anche i sondaggi su Conte, diventato salvatore della patria. Presunto. La gente vota in base all'emotività e preferisce stabilizzare chi comanda già. Per De Luca ha votato il 78% dei pensionati e l'84% delle casalinghe, cioè i soggetti più deboli ed esposti alla paura».
Insomma, non è stato un voto politico, per lei.
«No, ma legato alla pandemia. Non è stabile, ideologico e finita la paura il voto si libera e si può recuperare. D'altronde, prima De Luca era quotato all'8% e non volevano ricandidarlo, si sa. Emiliano era valutato 10 punti sotto, anche Zaia di personale aveva il 18. Dopo, tutto è stato diverso. E infatti, dove non c'erano presidenti uscenti, in Toscana e nelle Marche, quest'effetto non c'è stato».
Che dice delle critiche di Mara Carfagna, che si è sentita «epurata» dalla campagna elettorale e accusa dirigenti locali e nazionali di averla ridotta a resa dei conti interna?
«Non mi risulta che non sia stata invitate alle manifestazioni e non è vero che Fi in Campania sia divisa. Lei è una dirigente nazionale ma anche regionale, come vice segretaria vicaria della Campania non è che qualcuno dovesse invitarla. Ho avuto giudizi duri da lei e la mia risposta sono i miei voti. Comunque, tutto questo è irrilevante ai fini elettorali e non mi piacciono le polemiche. Per noi e per il centrodestra è il momento dell'unità».
Eppure il veleno scorre, Salvini dice che per le comunali 2021 vuole candidati imprenditori e in Fi si alzano voci critiche verso il vertice.
«Non contesto l'ipotesi di candidati civici, bisogna vedere se possono vincere. Con il vento in poppa è facile fare battaglie, ma ci vuole coraggio per affrontare la tempesta e io l'ho avuto.
Ha pesato anche la mancata presenza del presidente Berlusconi, per forza maggiore. Ora è giusta l'autocritica e l'analisi, per migliorare, però nel centrodestra e in Fi dividersi sarebbe un errore. Gli elettori non capirebbero».
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