Governo dietro la lavagna. È emergenza istruzione

Le paritarie in sciopero: "Per Conte siamo invisibili". Il 30% rischia la chiusura. Ira di vescovi e moderati

Governo dietro la lavagna. È emergenza istruzione

La situazione è drammatica se le scuole paritarie hanno proclamato uno sciopero per oggi e domani, 19 e 20 maggio, al grido hashtag «Noi siamo invisibili per questo governo». Novecentomila studenti, dodicimila scuole, centottantamila dipendenti spiegano l'urgenza economica della libertà educativa tutelata dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato. A lanciare la mobilitazione la Cism, Conferenza italiana superiori maggiori, e l'Usmi, Unione superiore maggiori d'Italia, «dinanzi alla fatica di tante famiglie a pagare le rette, all'indebitamento di tanti istituti che non ce la fanno più a pagare gli stipendi dei docenti e del personale».

A causa dell'emergenza coronavirus, come ha calcolato l'Istituto Bruno Leoni già il 12 maggio, rischiano di chiudere il 30 per cento delle paritarie. Ciò significherebbe, oltre all'impoverimento del patrimonio culturale e formativo, che le casse dello Stato perderebbero un risparmio di 7mila euro a alunno, ovvero miliardi. Ricordano la somma (che deriva da dati dell'Ocse) i vescovi italiani in un comunicato allarmato della presidenza della Cei, guidata dal cardinale Gualtiero Bassetti. «La possibilità di una libera scelta educativa è esigenza essenziale in un quadro democratico» scrive la Cei, chiedendo «al Parlamento e al governo di impegnarsi ulteriormente per assicurare a tutte le famiglie» questa possibilità.

Nel documento si parla di «forte preoccupazione», «sperequazione di trattamento», «rischio di sopravvivenza». I vescovi hanno poi annunciato 20mila borse di studio per il prossimo anno scolastico. Fino all'appello: «Uniamo le forze, già in vista dell'imminente passaggio parlamentare, per non far venir meno un'esperienza che trova cittadinanza in ogni Paese europeo, mentre in Italia sconta ancora pregiudizi».

Nonostante le promesse della vigilia di Italia viva e di una parte del Pd, nella maggioranza di governo nessuno ha fatto propria la battaglia per impedire che nel decreto Rilancio (e nel decreto Scuola) le paritarie fossero escluse dallo stanziamento da 1,5 miliardi per la scuola deciso a causa del mancato versamento delle rette legato alla pandemia. Alle paritarie sono destinati: 65 milioni per le scuole dell'infanzia e 40 milioni per le scuole primarie e secondarie.

Il centrodestra, dalla Lega («Aggravio dei costi per le famiglie» ha dichiarato l'ex ministro per la Famiglia, Lorenzo Fontana) a Fdi («Conte esca allo scoperto e non lasci totale autonomia a un ministro pasdaran» dice Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera, mentre Giorgia Meloni ribadisce: «dimenticato un pilastro dell'istruzione») a Fi (Valentina Aprea chiede «pluralismo»), difende storicamente la libertà educativa. Alza ancora la voce l'ex ministro dell'Istruzione e capogruppo alla Camera di Forza Italia, Mariastella Gelmini: «Capiamo l'imbarazzo del governo, ma il silenzio di Palazzo Chigi e del ministro Azzolina non è davvero accettabile. Stiamo parlando di realtà importantissime per il sistema formativo del nostro Paese, alle quali si rivolgono centinaia di migliaia di famiglie». Ancora: «Venga corretto il provvedimento del governo. Forza Italia è pronta con le sue proposte a modificare il testo». Schierati Cambiamo! («discriminazione ingiustificabile» dicono i deputati), Noi con l'Italia («poche briciole e solo agli asili» per Maurizio Lupi) e Udc («settore ignorato» per Antonio De Poli).

Si tratta di vedere che cosa accadrà in Parlamento.

Nella maggioranza sono rimaste le voci dei renziani («per rimediare non basta un emendamento, serve un testo» dicono Gabriele Toccafondi e Daniela Sbrollini) e le promesse di Graziano Delrio, capogruppo del Pd alla Camera: «In Parlamento ci adopereremo per soluzioni che possano sostenere con più forza questi istituti». Le deputate dem Alessia Rotta, Beatrice Lorenzin e Lia Quartapelle si schierano per «i nidi privati». Ma a sinistra e ancor più tra i Cinque stelle l'opposizione è forte.

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