Governo e l'Ue blindano il Recovery fund italiano

Franco stringe sulla governance del piano. Europarlamento: alcuni obiettivi irrealistici

Governo e l'Ue blindano il Recovery fund italiano

Il governo Draghi e l'Unione europea temono per le sorti del Recovery plan italiano. Le preoccupazioni non riguardano il piano, che è in dirittura di arrivo e sarà approvato entro aprile, ma la capacità di attuare riforme e spendere i fondi. Torna insomma di attualità il tema della governance dei circa 200 miliardi europei tra prestiti e stanziamenti, ma questa volta il tema non è politico, come ai tempi del governo Conte.

Ieri nell'Aula della Camera dei deputati è stata discussa la relazione del Parlamento sulla proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza, cioè sulle linee guida che intende adottare l'Italia nell'utilizzo dei fondi per la ripresa.

La maggioranza ha approvato una risoluzione che impegna il governo a tenere conto della relazione della commissione Bilancio sul Recovery e «a rendere comunicazioni alle Camere prima della sua trasmissione alla Commissione europea».

Testo passato con i voti di tutti e l'astensione di Fratelli d'Italia. La leader Giorgia Meloni aveva sollevato il problema del coinvolgimento del Parlamento, osservando come la discussione sia iniziata su un piano che ancora non c'è: «O Draghi va avanti col piano scritto da Conte e Gualtieri, oppure noi stiamo discutendo di un piano che sarà modificato profondamente e che arriverà in Europa senza che il Parlamento abbia avuto voce in capitolo».

Palazzo Chigi e il ministero dell'Economia non si tirano indietro sul confronto in Parlamento, ma sulla governance il piano resta blindato. Il ministro Daniele Franco ha preso spunto dalla relazione della commissione Bilancio sul Recovery per annunciare una governance «snella». Nel dettaglio, «un modello organizzativo basato su una struttura di coordinamento centrale collegata a dei presidi specifici settoriali presso tutte le amministrazioni coinvolte, unitamente a strutture di valutazione, sorveglianza e attuazione degli interventi. Questa cornice assicurerà una sana gestione finanziaria nel rispetto delle regole europee e nazionalii».

Il ruolo del Parlamento continuerà anche «sullo stato di attuazione e sul raggiungimento degli obiettivi». Franco annuncia «una piattaforma digitale pubblica in cui saranno disponibili i dati di attuazione dei progetti del Pnrr».

Una garanzia per le Camere, ma anche per l'Ue. Quanto le istituzioni europee siano in allarme per la capacità degli stati di utilizzare i fondi emerge da uno studio del Parlamento europeo - quindi una istituzione fortemente a favore di politiche espansive - sull'Impatto della pandemia da Covid sull'industria (Impacts of the Covid-19 pandemic on Eu industries).

Secondo il documento, il Recovery and Resilience Facility ha «obiettivi molto ambiziosi, che sono al limite dell'irrealistico o dell'incompatibile». Per gli economisti del Parlamento, «la sfida è aggravata dal fatto che alcuni Stati membri, in particolare Spagna e Italia, sono notevolmente in ritardo negli impegni e nei pagamenti» del precedente ciclo di bilancio, quello 2014-2021. Italia e Spagna, insomma, non hanno brillato nella spesa delle risorse europee nell'era pre Covid. E niente garantisce che i problemi non si ripresentino con il Recovery. Dubbi che non sono limitati agli studi del Parlamento. E che sono condivisi anche dal governo italiano.

Tra le novità sul Recovery, la relazione delle commissioni Bilancio e Politiche Ue del Senato hanno auspicato un

Fondo sovrano itpubblico-privato, per la patrimonializzazione delle imprese.

Il ministro Franco ha poi assicurato che i progetti esclusi dal piano potranno tornare «con una linea di finanziamento ad hoc». Quindi extra Recovery

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