Il governo passa all'attacco sul nuovo Patto di Stabilità

Giorgetti propone lo scorporo a tempo dal deficit di spese militari e prestiti legati al Pnrr. Prime aperture da Berlino

Il governo passa all'attacco sul nuovo Patto di Stabilità
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La proposta italiana è di scorporare dal conto del deficit le spese per il sostegno militare all'Ucraina e gli investimenti del Pnrr fino al 2026. Un'idea che rompe lo stallo sulla riforma del Patto di Stabilità e registra qualche apertura anche nel fronte dei turbo rigoristi guidato dalla Germania. Entra così nel vivo la discussione per la riforma delle regole di bilancio europee e l'Italia sceglie di giocare in attacco ieri durante la riunione informale dell'Ecofin a Santiago di Compostela. I ministri dell'Economia della Ue, tra cui Giancarlo Giorgetti, si sono anzitutto impegnati ad accelerare sui negoziati. La prospettiva di un ritorno alle vecchie regole (che a inizio 2024 sarebbe realtà) è vista come deleteria per tutti, in un'epoca di sfide infinite che fra transizione energetica e minacce geopolitiche richiederà una montagna di investimenti.

Il commissario europeo agli Affari economici, Paolo Gentiloni, ha parlato «di esito positivo» del vertice con la volontà di tutti i Paesi «di intensificare gli sforzi per arrivare a un'intesa». Una disponibilità che poi va «trasformata in decisioni». L'idea sarebbe quella di raggiungere un compromesso già a ottobre, arrivando a completare l'intesa a novembre in modo da poter definire l'iter istituzionale entro l'anno e avere le nuove regole in vigore con l'inizio del 2024. «Il 70% del testo della nuova regolamentazione è più meno accordato», ha spiegato la padrona di casa Nadia Calviño, vicepresidente spagnola; da trovare però la quadra su un «adeguato e corretto bilanciamento» tra «una graduale riduzione del rapporto debito/Pil» e «uno spazio adeguato per investimenti sulle priorità dell'Unione».

Su quest'ultimo punto ci sono i veri nodi della trattativa: da un lato i Paesi rigoristi, meglio definiti falchi (o frugali, come si autodefiniscono), sono preoccupati dall'eccessiva mole di debito con dodici Paesi che alla fine del 2022 sforavano il tetto al 3% del deficit. Dall'altra c'è il blocco dei Paesi più indebitati - tra cui l'Italia - che in sostanza vorrebbero regole più flessibili e che permettano a tutti i Paesi margini sufficienti per fare gli investimenti. «Abbiamo bisogno di una crescita più forte», ha detto il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, che si dimostra vicino alle posizioni di Roma. «Il che significa che le regole non dovrebbero impedire agli Stati membri di investire» in innovazione, nuove tecnologie e in generale sulle priorità dell'Ue. Berlino ci sente poco, l'idea è che «il debito è sempre debito». E, secondo il ministro dell'Economia tedesco Christian Lindner, «è importante» che il nuovo Patto «porti in modo affidabile ad abbassare i deficit e a ridurre i livelli di debito». Il timore è che inserire scappatoie possa ritardare la riduzione del debito. La mediazione italiana, che vorrebbe uno scorporo a tempo (fino al 2026) di alcuni investimenti, può essere un punto di caduta. La data non è casuale e coincide con la fine degli investimenti del Next Generation Eu, da noi declinato nel Pnrr.

Giorgetti sposa l'importanza di ridurre il debito, ma con obiettivi sostenibili e con percorsi uguali a tutti, senza ricette individuali che portino a classificare i Paesi (come invece prevede la proposta della Commissione). «Con Giorgetti abbiamo parlato molto e spesso», ha detto Gentiloni. E chissà che stavolta non porti qualche frutto.

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