L'Europa si sta svegliando sull'immigrazione illegale e violenta. L'ultimo ad aprire gli occhi, dopo aver bacchettato più volte sul tema Giorgia Meloni, è il peggior cancelliere della storia tedesca, Olaf Scholz. Al potere con il partito socialdemocratico, oramai drammaticamente minoritario, ha accelerato le espulsioni dei migranti banditi o jihadisti. Non solo: uno dei politici liberali della compagine governativa si è spinto ad ipotizzare che i clandestini potrebbero venire deportati in Ruanda. Gli estremisti di destra di Alternative für Deutschland (Afd) sfilano con uno striscione dove campeggia la grande scritta in tedesco «remigrazione» e il disegno di un aereo che riporta a casa chi entra illegalmente in Germania. Poco prima delle elezioni in Turingia e Sassonia sono stati rimandati in patria 28 afghani. Accoltellatori, lo stupratore di un undicenne e un delinquete incallito che ha violato la legge ben 166 volte. Peccato che i talebani abbiano messo subito in libertà alcuni degli espulsi considerando i reati compiuti in Germania «irrilevanti».
Non è solo l'Afd a premere per una politica migratoria più restrittiva, ma pure i cristiani democratici della Cdu, accreditati dai sondaggi come primo partito, che hanno lanciato un ultimatum. «Il governo federale deve darci entro martedì prossimo una dichiarazione vincolante secondo cui l'afflusso incontrollato ai confini verrà fermato e coloro che ancora stanno arrivando saranno respinti alla frontiera tedesca» ha dichiarato Friedrich Merz, leader dell'opposizione. Non è un caso che il commissario tedesco per l'immigrazione Joachim Stamp abbia lanciato la proposta di sfruttare il «piano Ruanda», abbandonato dal nuovo governo laburista inglese, ma pronto come strutture. In pratica i migranti illegali che arrivano da Est, grazie alla guerra ibrida scatenata da Mosca, verrebbero deportati sull'Equatore a 6400 chilometri di distanza per le procedure d'asilo o di respingimento. Stamp ha precisato di parlare a titolo personale come politico liberale e non a nome del governo, ma il messaggio sul cambio di rotta è chiaro. Anche il presidente francese Emmanuel Macron, sempre con il nasino all'insù sui migranti soprattutto se sbarcano in Italia, ha dovuto strizzare l'occhio a destra e alla rabbia dei francesi per l'immigrazione che la fa da padrona. Il nuovo premier gollista, Michel Barnier, voleva addirittura un referendum per stabilire la quota di migranti economici che possono entrare in Francia e un relativo «scudo» temporaneo contro eventuali condanne della Corte di giustizia europea a riguardo. I più duri, dopo la sveglia suonata troppo tardi, sono i paesi del Nord Europa, ex isola felice dei clandestini. La Finlandia ha votato in luglio una legge d'eccezione che consente di sospendere le procedure di asilo per i rifugiati, afghanii, iracheni, iraniani in arrivo dalla Russia. E continua a costruire un muro lungo il confine per contrastare la guerra ibrida. La Svezia ha deciso di vincolare la concessione degli aiuti allo sviluppo al rimpatrio dei migranti indesiderati nei loro rispettivi paesi. In Danimarca la sinistra al potere è più oltranzista della destra con gli arrivi illegali e pure con i migranti di lunga data nel paese. Giorgia Meloni punta come deterrente all'invio in Albania dei clandestini. Progetto non facile da realizzare per la «selezione» in mare degli irregolari, che sta già mobilitando Ong e pezzi della magistratura con l'obiettivo di mettere i bastoni fra le ruote.
La deterrenza, però, sembra funzionare assieme agli accordi con la Tunisia e la Libia, primi paesi di partenza verso Lampedusa. In agosto, di solito mese boom, gli sbarchi sono diminuiti del 72% rispetto allo scorso anno.
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