Un aumento dell'occupazione del 17% e un Pil cresciuto del 21% nella sola parte svedese. Mentre la sponda danese ha visto un aumento del 4% dell'occupazione e del 12% del Pil. Questi sono i numeri ottenuti dalla regione dell'Oresund tra 2000 e 2010, ovvero il primo decennio a partire dall'anno della costruzione dell'Oresund Bridge, un ponte lungo 8 chilometri che congiunge la capitale danese Copenaghen e la città svedese Malmo, una volta separate dal Mare del Nord.
I dati sono citati in uno studio pubblicato dalla rivista scientifica Journal of Regional Science, dal titolo Innovation in Malmo after the Oresund Bridge, che ha analizzato l'impatto economico avuto dalla costruzione del ponte sulla regione dell'Oresund, che di fatto abbraccia due nazioni. L'opera, costata 4 miliardi di euro e quasi per metà finanziata dalla Banca europea per gli investimenti, ai giorni nostri viene utilizzata ogni giorno da 75mila persone. Citata da un report Ocse come uno dei più conosciuti esempi di collaborazione europea tra Paesi confinanti, è un'infrastruttura modello a cui si dovrebbe guardare come definitiva prova dell'opportunità offerta dalla costruizione del ponte sullo Stretto di Messina. Ed è la dimostrazione che le grandi opere possono portare vantaggi tangibili per la collettività.
Nei giorni scorsi, intervistati da Il Giornale, i governatori della regione Sicilia, Nello Musumeci, e della regione Calabria, Roberto Occhiuto, sono tornati a chiedere la costruzione dell'opera come volano per il Sud e quindi per l'intero pil nazionale.
Va detto che Svezia e Danimarca hanno inaugurato il loro ponte il primo luglio del 2000. Sebbene, analogamente al Ponte sullo Stretto, abbiano conosciuto più di una difficoltà per vederlo realizzato. Del ponte nordico, infatti, si iniziò a parlare già nel 1910, ma il progetto fu sempre accantonato per poi essere riportato in auge con un accordo avvenuto solo nel 1991 e l'inizio della sua costruzione nel 1995. A oggi è il ponte strallato più lungo d'Europa adibito al traffico stradale e ferroviario, con una campata centrale di 490 metri.
La regione dell'Oresund, colpita dagli effetti della deindustrializzazione avvertiti in modo particolare negli anni Settanta e Ottanta, è arrivata a puntare sugli investimenti infrastrutturali per rilanciare l'economia della zona. Da quando è stato costruito il ponte, si legge in uno studio del 2018, la regione dell'Oresund ha ottenuto guadagni stimati per 8,4 miliardi di euro grazie all'aumento del pendolarismo e alla riduzione delle spese nei viaggi. Inoltre, il 90% dei pendolari ha contribuito ad alleviare la carenza di competenze in alcuni settori lavorativi, generando ulteriori 6 miliardi di euro di valore aggiunto a partire dal 2000. E c'è da scommettere che da 2018 a oggi i numeri siano cresciuti ulteriormente.
Sicilia e Calabria hanno caratteristiche diverse dall'Oresund, ma ciò non toglie che un'infrastruttura come il Ponte sullo Stretto sarebbe un asset davvero strartegico per un'isola che potrebbe essere collegata velocemente all'Europa e acquisire così importanza anche come hub portuale. Merita un capitolo a parte, poi, l'indotto che deriverebbe dalla costruzione dell'opera. Un report di Ice, lnstitution of Civil Engineers, che contiene un'analisi di Oxera, ha stimato che gli investimenti in infrastrutture hanno un moltiplicatore compreso tra 1,5 e 2,7: significa che ogni euro investito può portare un ritorno di 1,50 o 2,70 euro.
E se è vero che le cose debbano essere fatte bene per rendere, il sistema Italia ha dimostrato di poter agire velocemente, se vuole, come è accaduto in occasione della costruzione del viadotto Genova-San Giorgio per mano di Webild e Fincantieri, dopo la tragedia del Morandi.
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