«Il Fmi ha pubblicato previsioni più pessimistiche» di quelle del governo per il Pil nel 2020, «siamo consapevoli che i rischi sono al ribasso e aggiorneremo a breve la previsione ufficiale, ma riteniamo errato esagerare in chiave pessimistica perché la riapertura dell'economia sta producendo effetti tangibili». L'audizione del ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, alla commissione Bilancio della Camera non poteva iniziare sotto peggiori auspici. Ieri il Fondo monetario internazionale ha rivisto al ribasso l'outlook 2020: il Pil mondiale dovrebbe calare quest'anno del 4,9% (con un perdita di 12mila miliardi di dollari causa crisi), quello italiano del 12,8% con un rapporto debito/Pil che passerebbe dal 134,8 al 166,1 per cento.
Come se non bastassero gli effetti della pandemia, sul ministro dell'Economia si stanno scaricando tutte le tensioni della maggioranza e anche quelle dell'opposizione, sempre meno disponibile all'interlocuzione con un ministro e una coalizione di governo che tendono a essere troppo autocelebrativi. E così il presidente della commissione, Claudio Borghi, è stato costretto a interrompere due volte la seduta per le intemperanze del centrodestra (in particolare della Lega).
L'unica certezza è che a metà luglio ci sarà la terza manovra di emergenza in 5 mesi. «Il governo presenterà al parlamento una nuova richiesta di scostamento, la cui quantificazione è in via di definizione, e tuttavia intende anche concorrere ad affrontare alcuni temi e questioni in cui siete impegnati», ha sottolineato Gualtieri confermando quanto dichiarato nei giorni scorsi dal premier Conte. Ecco, il problema è la quantificazione. Il prossimo decreto, che dovrebbe essere presentato a metà luglio, si occuperà «di garantire sostengo agli enti locali per colmare il gap» di entrate che interessa i Comuni. Poi, ha aggiunto il titolare del Tesoro, «intendiamo intervenire ulteriormente per diluire il pagamento delle imposte in modo da alleggerire il carico fiscale per le imprese che hanno subito l'impatto del coronavirus», rimodulando le scadenze oltre la fine del 2020. Sostegni che passano anche attraverso un potenziamento del fondo di garanzia.
Infine, ha proseguito, «c'è la questione delle risorse di sostegno ai lavoratori, ammortizzatori sociali e cig». Un tema caldissimo che ieri ha visto impegnato direttamente Conte (sempre più preso dagli interventi a gamba tesa su Gualtieri) che ha ricevuto il presidente Inps, Pasquale Tridico. «Fortemente insoddisfatto» per i ritardi sulla cassa integrazione, con 150mila lavoratori che ancora attendono, «una situazione inaccettabile», ha fatto trapelare il presidente del Consiglio che, però, non ha dato l'avviso di sfratto a Tridico per non destabilizzare ulteriormente i pentastellati.
Ne consegue che i 10 miliardi come base minima per la quale chiedere l'autorizzazione sono insufficienti a finanziare queste misure, ma anche aumentando la soglia a 15-20 miliardi verrebbe meno la possibilità di pensare al taglio dell'Iva vagheggiato dal premier ancora ieri (seppure come modo per agevolare i pagamenti cashless).
La situazione è drammatica, ma il «muro» di Gualtieri è stato costruito per evitare di indispettire i partner europei.Ironia della sorte, l'audizione di Gualtieri non ha sbloccato l'impasse sul dl Rilancio nel quale è stato recepito il decreto Cig. Inclusi i «superpoteri» del ministro che hanno indispettito Pd e M5s.
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