L'onda lunga del conflitto tra Russia e Ucraina ha interrotto le catene di approvvigionamento tanto verso l'Europa quanto verso l'Africa e il Medio Oriente. Mentre l'Europa ha potuto usufruire, anche se con difficoltà, dell'opportunità di accedere ad altri mercati per il settore agroalimentare, ad Africa e Sud Est Asiatico questa alternativa è preclusa considerando l'innalzamento vertiginoso del prezzo del frumento. Quasi il 57 per cento. Nonché dei cereali, fino al 30 per cento. L'Italia è al centro di quest'onda e ne sta subendo già le prime preoccupanti conseguenze considerando che è il primo Paese di approdo per gli immigrati dall'Africa e dal Medio Oriente. E non solo. Le stesse merci che dovrebbero approdare in Italia sono in picchiata: il porto di Taranto ha movimentato 3,6 milioni di tonnellate di merci, con una diminuzione del 21,1% rispetto allo stesso periodo del 2021. Il porto di Ravenna ha subito un primo stop già ai primi di aprile mentre, la quantità di merci transitate dall'Ucraina, sono state solo del 1,4% del totale. In calo, secondo le previsioni, l'intero mese di aprile e che, a conti fatti, dovrebbe chiudersi con una perdita di circa il 17%, imputabile al blocco della navigazione nel Mar Nero. Di rimando l'Italia sarà la prima a pagare il prezzo più alto di quelle povertà e tensioni sociali che si stanno sviluppando nella regione del Mena (Middle East and North Africa) e che i governi locali non stanno affatto affrontando, riaprendo la strada all'immigrazione smodata e a nuove rotte pressoché improvvisate. Negli ultimi mesi sono stati oltre 15mila gli sbarchi conteggiati e dalle stime in itinere si possono prevedere numeri triplicati in estate. Evidenze che hanno indotto il centro studi politico-economico dell'associazione Carabinieri Unarma ad analizzare il panorama internazionale sulla base delle ripercussioni socio-politiche, già tangibili, che si avranno nella Penisola: «La Banca Mondiale stima che per ogni punto percentuale di aumento dei prezzi degli alimenti, 10 milioni di persone siano oramai finite nella miseria estrema, tuttavia le organizzazioni internazionali sottovalutano la rabbia e il malcontento che sta montando e che potrebbe sfociare in violente proteste di piazza e aumento dell'immigrazione dall'Africa e dal Medio Oriente riporta la nota di Unarma - Venti di rivolta sono già evidenti in Tunisia». E il motivo è presto detto. Mosca e Kiev forniscono il 50% delle importazioni totali di grano diretto al Nord Africa e, nello specifico, circa l'80% per l'Egitto, per il Libano (96%), il 60% per la Tunisia, Turchia e Iran, Oman (50%), Emirati Arabi Uniti (52%) e Qatar (37%). E da qui che l'associazione Unarma è voluta partire analizzando le proiezioni e approfondire conseguenze e ripercussioni che lo stop commerciale nel settore agroalimentare rischia di provocare a livello di immigrazione per povertà alimentare.
Senza contare che «la Federazione Russa sottolinea l'associazione - è uno dei principali venditori di concimi e visto l'aumento del costo del gas naturale, componente fondamentale per la composizione dei fertilizzanti azotati, anche le nazioni produttrici stanno subendo una decisa impennata dei costi di produzione». Motivo determinante nel calo delle produzioni agricole su vasta scala. Forse potremmo adottare politiche protezionistiche che frenino l'esportazione alimentare, alla stregua dell'India, e tutelare il mercato interno.
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