«Per trasformare la Russia, chiudi la porta ai turisti russi». L'appello del ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba è apparso ieri su Twitter mentre era in corso la riunione informale dei ministri degli Esteri e della Difesa europei (Gymnich), che andrà avanti anche oggi a Praga e alla quale parteciperà anche il rappresentante della diplomazia di Kiev. In agenda c'è il dibattito, che potrebbe trasformarsi in «orientamento politico», sulla possibile sospensione dell'accordo siglato con Mosca nel 2007 e che consente la concessione semplificata e rapida dei documenti di libera circolazione nell'area Schengen per i cittadini russi. L'esigenza di mettere un freno alla libertà di movimento dei russi, mentre è in corso la feroce guerra in Ucraina, si è fatta più pressante con l'estate soprattutto per gli Stati di confine - Polonia, Finlandia e Paesi Baltici - ma anche per la Repubblica ceca, presidente di turno della Ue, che con la sospensione dei voli tra Unione europea e Russia sono diventati Paesi di transito via terra per migliaia di turisti russi a caccia di vacanze in altre destinazioni europee, specie Italia (1,3 milioni di visitatori nel 2019), Spagna (1,1 milioni) e Grecia (800mila). Un lusso che molti considerano ormai uno schiaffo agli ucraini sotto le bombe e all'Europa che li sostiene. «Un Paese che minaccia tutti, dall'Europa al Kazakhstan, deve essere sotto embargo totale», ha spiegato di recente il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «Non solo per questioni di sicurezza. Con le sofferenze dell'Ucraina, non è moralmente accettabile permettere ai turisti russi di visitare l'Europa», insiste il ministro lettone Rinkevics. E se qualcuno pensa che chiudere il vecchio continente ai russi precluda vie di fuga a chi vuole uscire dal regime, il ministro Kuleba ha insistito: «Il viaggio verso l'Ue non ha avuto alcun effetto di trasformazione sulla Russia. Dall'agevolazione dei visti nel 2007, Mosca ha attaccato la Georgia, lanciato una guerra contro l'Ucraina, commesso molteplici crimini, il tutto con schiacciante sostegno popolare».
A Praga i ministri Ue discutono di un divieto di ingresso o di un'ulteriore stretta, come quella decisa dopo l'invasione russa di febbraio, quando Bruxelles sospese la libera circolazione di rappresentanti del governo e uomini d'affari russi, congelando parti dell'intesa con Mosca. Finlandia, Paesi Baltici, Polonia e Repubblica ceca vorrebbero seppellire l'accordo con Mosca. Ma sulle decisioni Ue incombe l'unanimità richiesta dal Consiglio europeo. Il cancelliere Olaf Scholz ha detto di non voler sbattere la porta in faccia ai cittadini russi «in cerca di libertà», ma la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha aperto ieri all'ipotesi sospensione. In un documento circolato dietro le quinte, stilato dai team di Parigi e Berlino, si definisce lo stop ai visti una mossa «controproducente»: «Dobbiamo lottare per i cuori e le menti della popolazione russa». Il ministro ungherese Peter Rinkevics conferma: «Ci concentriamo su decisioni che portino alla pace. Non penso che lo stop sia una decisione appropriata». «Posizioni divergenti» confermate dal ministro Ue Josep Borrell, che si dice tuttavia «sicuro che potremo avere un approccio bilanciato». Se oggi arrivasse l'ok politico, eventuali limitazioni sarebbero varate nel Consiglio Ue di ottobre, come para-sanzioni.
Chi ha fatto sapere che «non lascerà passare senza risposta» l'eventuale decisione europea è il Cremlino. Tramite il portavoce Dmitry Peskov denuncia «irrazionalità che rasentano la follia».
Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev è più esplicito: «I capi europei hanno stufato con il loro schiamazzo russofobo sui visti Schengen per i cittadini del nostro Paese. Che introducano rapidamente un divieto totale sulla loro emissione. Finalmente tutti si convinceranno di qual è l'atteggiamento dell'Europa con i cittadini russi. À la guerre comme à la guerre».
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