La guerra dei visti. L'Ue divisa sui russi. L'Estonia chiude. Scholz è contrario

Tallinn vieta l'ingresso anche per turismo. Il cancelliere: "Errore, è la guerra di Putin". E la Lettonia dichiara Mosca "terrorista"

La guerra dei visti. L'Ue divisa sui russi. L'Estonia chiude. Scholz è contrario

Quella in Ucraina è la guerra di Putin o la guerra di tutti i russi? Secondo Olaf Scholz, cancelliere tedesco, «questa è la guerra di Putin e quindi mi trovo a disagio con l'opzione di negare i visti turistici a tutti i cittadini russi». Secondo Kiev invece «questa è la guerra della Russia, non solo di Putin. Non Putin, ma veri e propri soldati russi sono venuti dalla Russia per uccidere, torturare e distruggere. I russi sostengono a larga maggioranza la guerra, acclamano i missili che colpiscono le città ucraine e l'uccisione degli ucraini», scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.

L'Europa sta seriamente pensando di chiudersi ai cittadini russi, buoni o cattivi. Anzi, di colpo tutti cattivi. Ieri l'Estonia ha annunciato che il suo ministro degli Esteri Urmas Reinsalu presenterà entro agosto una proposta ufficiale all'Unione Europea per la sospensione dei visti Schengen a tutti i cittadini della Federazione russa, per rendere ancora più efficaci le sanzioni provocate dall'invasione russa dell'Ucraina. Nei giorni scorsi altri due Paesi baltici, la Lettonia e la Finlandia (in questo caso per voce della premier Sanna Marin) avevano fatto proposte analoghe.

Bruxelles però se ne lava le mani. O meglio, fa sapere che «la responsabilità sull'emissione dei visti turistici per i cittadini russi è unicamente degli stati membri dell'Ue e solo loro possono applicare restrizioni. Le linee guida di maggio - si limita a precisare un portavoce - prevedono già che ogni Paese possa rifiutare il visto, dopo aver condotto verifiche individuali, sulla base di varie ragioni, ad esempio per la sicurezza nazionale». È però «di fondamentale importanza» che i diversi stati mantengano il coordinamento sulla questione e soprattutto che «rispettino gli obblighi internazionali e garantiscano che alcuni visti siano dati per ragioni umanitarie, per esempio agli attivisti, ai giornalisti e ai loro familiari».

E così, in qualche modo autorizzata da Bruxelles, l'Estonia ha fatto da sé, annunciando che «vieterà l'ingresso nel proprio territorio ai cittadini russi che hanno visti Schengen rilasciati dall'Estonia stessa». L'annuncio arriva dal ministro degli Esteri Urmas Reinsalu, ripreso dalla testata indipendente online Meduza, che precisa che il provvedimento entrerà in vigore la prossima settimana. Tallinn applicherà eccezioni soltanto ai parenti stretti dei cittadini estoni e dei titolari di un permesso di soggiorno in Estonia, ai diplomatici e ai loro familiari, e ai dipendenti delle compagnie di trasporto. L'ingresso resterà possibile con visti rilasciati da altri Paesi Schengen. Secondo Meduza, non è chiaro dalla dichiarazione di Reinsalu se l'ingresso sarà vietato solo direttamente dalla Russia o anche da altri paesi Schengen.

Mosca naturalmente non l'ha presa bene. E la sua risposta assomiglia molto a una minaccia, come da specialità della casa. «Ci aspettiamo che il buon senso impedisca all'Ue di procedere con l'idea di vietare i visti di ingresso ai cittadini russi - dice il rappresentante permanente della Federazione russa presso l'Unione europea, Vladimir Chizhov - altrimenti assisteremo all'autoisolamento dell'Ue dal resto del mondo».

Ma a fare infuriare ancora di più Mosca, se possibile, è un altro vicino baltico, la Lettonia. Ieri il Parlamento di Riga ha adottato una dichiarazione che indica la Russia come «Stato sponsor del terrorismo» e accusa le forze russe di aver commesso ogni genere di atrocità in Ucraina. Kiev applaude («una mossa tempestiva: la Russia meritava da tempo questo status con le sue azioni in Ucraina e non solo. L'Ucraina incoraggia altri Stati e organizzazioni a seguirne l'esempio», scrive Kuleba).

Mosca schiuma rabbia («dietro questa decisione non c'è altro che xenofobia bestiale, questi ideologi possono essere chiamati solo neonazisti», scrive su Telegram la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova). Il resto dell'Europa che farà?

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