Ha un tumore per l'uso prolungato del cellulare "Ha diritto a una rendita mensile di 400 euro"

In 13 anni, per lavoro, l'uomo ha usato il cellulare 10mila ore. L'Inail risarcirà

Ha un tumore per l'uso prolungato del cellulare "Ha diritto a una rendita mensile di 400 euro"

Esiste «un'elevata probabilità» che a causare il tumore sia stato il cellulare. Lo ha stabilito una sentenza della Corte d'Appello di Torino, che ha confermato, la decisione del Tribunale di Aosta che aveva condannato l'Inail a pagare la rendita per malattia professionale a un lavoratore, ora in pensione, tecnico specializzato delle Cogne Acciai Speciali. L'uomo, 63 anni, tra il 1995 e il 2008, ha usato, per motivi di lavoro, il telefonino per più di diecimila ore, con una media di 2 ore e mezza al giorno. Un utilizzo che ha causato un tumore benigno intracranico e una conseguente «sordità sinistra, paresi del nervo facciale, disturbo dell'equilibrio e sindrome depressiva». Nel 2020 il Tribunale di Aosta aveva riconosciuto il nesso causale tra l'utilizzo del cellulare e l'insorgenza del neurinoma del nervo acustico, ma l'Inail aveva fatto ricorso in appello chiedendo una nuova consulenza. La Corte aveva nominato come consulente il professor Roberto Albera, ordinario di Otorinolaringoiatra dell'Università di Torino: «Appare ben evidente che al momento l'etiologia del neurinoma dell'acustico non è conosciuta» ha affermato la consulenza tecnica «ma che tra i fattori concausali vi sia l'esposizione a radiofrequenze se la dose espositiva è stata di sufficiente entità». L'uomo, che ha ottenuto una rendita mensile di circa 400 euro, è rappresentato dagli avvocati Stefano Bertone, Chiara Ghibaudo e Jacopo Giunta dello Studio Ambrosio & Commodo. «Si tratta di una sentenza importante scritta da scienziati fra scienziati» hanno spiegato i legali dell'uomo «in cui il ruolo dei giuristi è stato marginale, e che dimostra che le radiofrequenze possono causare un tumore».

Aggiungono inoltre, gli avvocati Renato Ambrosio e Stefano Bertone, che a questo punto «Si profilano nuovi problemi legali: sia Romeo che il nostro odierno assistito usavano cellulari omologati e settati secondo indicazioni di scienziati, che rassicuravano sostenendo l'innocuità per esposizioni sotto una certa soglia. Ciò nonostante hanno subito gravissimi danni alla salute». Al momento, infatti, lo studio associato sta portando avanti altre cinque cause simili di fronte ad altri tribunali italiani. «Il nostro lavoro» raccontano i legali «non è solo assistere persone che hanno riportato un danno, ma diffondere anche la cultura della prevenzione. Dopo la sentenza Romeo siamo stati contattati dai consulenti per la sicurezza di un grande gruppo automobilistico torinese, che su richiesta dei clienti erano interessati a studiare la sentenza». Secondo quanto spiegano gli avvocati ci sarebbero alcune precauzioni da prendere per riuscire a tutelarsi dai telefonini e dai danni che provocano: «La distanza resta il migliore alleato, non andrebbero mai tenuti a contatto con il corpo.

Lo scarico di un motore diesel lo si percepisce con l'olfatto, la lama tagliente di un coltello con il tatto, ma le radiofrequenze si percepiscono solo con rilevatori elettrici. E ciò determina in chi li usa una incongrua sensazione di rassicurazione».

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