Un gruppo di 17 missionari statunitensi è stato rapito l'altro ieri a Port-au-Prince, la capitale di Haiti, da una delle centinaia di gang che stanno tenendo sotto scacco l'isola caraibica. Il gruppo stava uscendo da un orfanotrofio. La notizia è stata diffusa dall'organizzazione Christian Aid Ministries con sede in Ohio, per cui i religiosi prestano la loro opera, che in un messaggio audio ha chiesto di pregare «perché i membri della banda si ravvedano». Con i missionari sono stati sequestrati anche loro familiari, compresi alcuni bambini. Il gruppo è stato bloccato mentre si trovava a bordo di un autobus diretto all'aeroporto. A compiere il rapimento sarebbe stata la «400 mawozo», una gang che da mesi imperversa nella zona a confine tra Port-au-Prince e la Repubblica Dominicana con furti e rapimenti. Ieri un funzionario del governo americano ha fatto sapere che gli Stati Uniti sono in contatto con le autorità locali per tentare di risolvere il caso.
La notizia del sequestro purtroppo non stupisce. Haiti sta facendo i conti con un'impennata di rapimenti legati a bande armate sempre più violente. E la situazione è peggiorata dopo l'assassinio del presidente Jovenel Moïse nella sua residenza privata lo scorso 7 luglio, e dopo che un terremoto di magnitudo 7,2 ha colpito il sud-ovest di Haiti a metà agosto, uccidendo circa 2500 persone. Instabilità questa che ha reso ancora più potenti le gang sul territorio. Addolorata ma purtroppo non stupita è la 35enne missionaria laica Valentina Cardia, che assieme al marito haitiano Segui Jean gestisce una casa famiglia dell'Associazione Papa Giovanni XXIII nel quartiere di Croix-des-Bouquets, nella capitale Port-au-Prince. «Da quando a giugno sono tornata ad Haiti dopo aver partorito il mio terzo figlio in Italia - racconta - esco il meno possibile dalla nostra casa famiglia a causa di una banda armata che è nata di recente nel nostro quartiere, storicamente tranquillo». Già perché oramai non passa giorno che anche nelle zone più «pacifiche» della capitale non avvenga un sequestro, un omicidio, una marcia di protesta o una sparatoria. Situazione al limite dunque, che spiega bene perché molti haitiani stiano fuggendo in massa dal loro paese alla volta degli Stati Uniti. Sono 328 le vittime di rapimento segnalate alla polizia nazionale di Haiti nei primi otto mesi del 2021, rispetto alle 234 di tutto il 2020 secondo il rapporto pubblicato il mese scorso dall'Ufficio integrato delle Nazioni Unite ad Haiti. Tuttavia, la cifra è sottostimata visto che gran parte dei famigliari delle vittime preferisce pagare - spesso i riscatti sono di poche centinaia di dollari - che denunciare il sequestro alle sgangherate e corrotte autorità locali. E spesso nel mirino finiscono proprio i sacerdoti. Il mese scorso un diacono è stato ucciso davanti a una chiesa nella capitale Port-au-Prince mentre sua moglie veniva rapita.
In aprile, invece, un'altra banda aveva sequestrato cinque sacerdoti e due suore, scatenando proteste di tre giorni, con tutte le chiese dell'isola che avevano suonato in contemporanea le campane. Oggi accadrà di nuovo, per denunciare la mancanza di sicurezza nel Paese più povero delle Americhe.
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