Forse non saranno 100 miliardi, come auspicato dal premier Giuseppe Conte e dal ministero dell'Economia Roberto Gualtieri. E in gran parte non saranno nemmeno aiuti a fondo perduto, ma un effetto leva basato su un meccanismo del tutto simile al piano Juncker. La Commissione Ue mercoledì presenterà la sua proposta per il Recovery fund, lo strumento più importante per tamponare gli effetti del Coronavirus.
Nelle ultime ore l'attenzione si è concentrata sull'entità del piano. Nella proposta franco tedesca le risorse mobilitate sono 500 miliardi di euro. La Commissione aveva anticipato la possibilità di un fondo da 1.000 miliardi.
Il parlamento Europeo, ha ricordato ieri Antonio Tajani, ha votato a favore di un piano di questa entità, 500 miliardi di aiuti a fondo perduto, 500 in prestiti. «La proposta di Macron e Merkel di investire 500 miliardi di euro nel Recovery fund va nella giusta direzione ma non è sufficiente». Male, ha aggiunto il vicepresidente di Forza Italia, «l'intransigenza e l'ostilità di alcuni paesi del Nord. Se non si aiutano i paesi colpiti dal Coronavirus l'intera Europa andrà in ginocchio. È una forma di autolesionismo quella di Austria, Olanda Danimarca e Svezia. Colpire l'Italia, la Spagna, la Francia è come colpire se stessi».
Ieri Mario Centeno, presidente dell'Eurogruppo, espressione degli Stati della moneta unica, non ha confermato la quota italiana data per certa dal governo di Roma: «Non possiamo sapere se 100 miliardi sono troppi o troppo pochi. La risposta deve essere proporzionale alla sfida e l'Italia è un paese grande». Formula che lascia aperte tutte le strade.
Il fatto è che i margini di manovra per la presidente della Commissione Ursula von der Leyen sono risicatissimi. Il piano si deve finanziare in gran parte con risorse proprie europee, quindi con i contributi degli stati, che dovrebbero aumentare (anche a causa dell'uscita del Regno unito), ma non quanto servirebbe a finanziare un fondo di emergenza come quello prospettato. Anzi, per andare incontro alle richieste dei paesi che si sono opposti al piano franco tedesco (Olanda, Austria, Svezia e Danimarca) il contributo degli stati potrebbe aumentare di pochissimo.
Il sospetto è quindi che alla fine la quota più consistente del piano sarà rappresentato da InvestEu, cioè l'erede del piano Juncker approvato già prima della pandemia e che punta ad avviare 650 miliardi di investimenti, mix pubblico e privato, concentrati nell'innovazione e la sostenibilità ambientale.
Poi c'è il capitolo «condizionalità». Nella nuova linea di prestito del Mes per le spese sanitarie non sono previste condizioni. La proposta franco tedesca sul Recovery fund sottolinea l'importanza di effettuare riforme e mantenere la disciplina di bilancio. Quella degli stati «frugali» (Austria e Olanda) fa di condizioni stringenti un punto cruciale.
Ieri il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, ha scritto al presidente del Partito socialista europeo Sergei Stanishev, chiedendo che il «Recovery fund preveda prestiti a «fondo perduto, temporalità di medio periodo e senza rigide condizionalità». Segno che questa partita è ancora aperta.
La proposta della Commissione, non sarà del tutto «gratuita». Di sicuro ci saranno condizionalità forti sulla destinazione degli investimenti. Niente al di fuori della crisi da coronavirus.
Tra i Paesi del Nord c'è una forte diffidenza su come i Paesi del Sud potranno spendere eventuali aiuti a fondo perduto. È di due giorni fa il documento dei paesi «frugali» che ha proposto un controllo della Corte dei conti e anche dell'anti-frode europea. Diffidenze reciproche che potrebbero protrarsi ancora per molto.
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