"I Cinque stelle? Dilettanti sulla pelle del Paese"

Il manager candidato con Fi: «Serve competenza per governare. L'unico vero leader è il Cavaliere»

"I Cinque stelle? Dilettanti sulla pelle del Paese"

Roma Paolo Zangrillo, 53 anni, 25 anni nel Gruppo Fiat dove è stato responsabile delle risorse umane di Iveco, prima di trasferirsi con lo stesso ruolo in Acea, è il capolista di Forza Italia nel collegio Piemonte 1 della Camera.

Lei è un manager affermato e uno dei volti nuovi delle liste azzurre. Ma in questi giorni è identificato soprattutto come il fratello di Alberto, il medico personale di Silvio Berlusconi. Le dispiace questo biglietto da visita?

«Mio fratello è vicino al presidente da 20 anni. Ci sono abituato visto che anche quando mi trasferii a Roma per lavorare in Acea, chiamato attraverso un head hunter, nonostante lavorassi da 25 anni in un gruppo industriale non esattamente di secondo piano, venni etichettato come il fratello di. Fa parte del gioco, ma ovviamente io sono fiero del mio curriculum. Faccio solo notare che in Acea ho lavorato benissimo sia con il management del periodo di Alemanno, che con quello del periodo di Marino».

Cosa è accaduto con l'arrivo di Virginia Raggi?

«Con il nuovo management ci siamo confrontati e abbiamo convenuto che non c'erano più le condizioni per proseguire».

Come è nata la candidatura?

«Silvio Berlusconi mi ha contattato a settembre, mi ha detto che stava cercando persone che avessero ottenuto risultati importanti nel mondo del lavoro e volessero impegnarsi per il Paese. Ho riflettuto molto, ma alla fine mi sono fatto coinvolgere da questa avventura, leggendo il programma di Forza Italia e nella consapevolezza che in Italia c'è un unico vero leader con una visione all'altezza delle sfide che ci attendono e questo è Berlusconi».

Cosa l'ha spinta a dire sì?

«Faccio il manager da 31 anni, non avrei avuto problemi a proseguire nel mio mondo. Ma posso dire che l'idea di lavorare non per interessi privati ma per una missione più grande è stimolante. Inoltre ci sono fattori che suscitano preoccupazione».

A cosa si riferisce?

«L'idea di proporre Di Maio come candidato premier mi lascia attonito. Sono sempre stato abituato a una logica in base alla quale ti proponi per un incarico dimostrando di averne la capacità. Per uscire dalle secche e agganciare la fase virtuosa del ciclo economico lo spirito deve essere quello di riunire le migliori esperienze e lavorare in squadra. Non improvvisare sulla pelle del Paese».

Insomma non basta l'onestà per poter guidare l'Italia.

«Credo che sia disonestà l'ambizione di voler fare qualcosa che si sa di non saper fare. Ci vuole un background per guidare l'Italia».

Lei è un esperto di gestione delle risorse umane. Su cosa le piacerebbe lavorare in Parlamento?

«Il grande tema è l'incontro virtuoso tra scuola e lavoro. In Acea abbiamo affrontato una grande trasformazione digitale, ma le assicuro che è difficilissimo trovare giovani con competenze all'altezza di questi nuovi processi. Il Paese è in ritardo, ma le opportunità ci sono.

È un tema fondamentale, senza fare il Don Chisciotte mi piacerebbe portare alcune idee e aiutare ad aggredire alcune emergenze. Su questo farò la mia campagna elettorale. Sono sicuro che ci sia la possibilità di catturare la sensibilità di un mondo delle imprese che anche qui in Piemonte si sta sempre più riavvicinando al centrodestra».

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