Per orientarsi nella nuova strada imboccata dall’inchiesta Consip c’è un precedente fondamentale: il 4 marzo 2017 il capo della Procura di Roma Giuseppe Pignatone decide di revocare al Noe l’indagine sul presunto giro di mazzette e appalti pilotati alla centrale unica di acquisti e affidarla al Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Roma. Una decisione - spiegarono i giudici romani – presa dopo le continue rivelazioni di notizie coperte da segreto istruttorio. Più che l’esigenza di tutelare l’inchiesta dalle continue fughe di notizie, la revoca dell’indagine al Nucleo di Tutela Ambientale nascondeva il sospetto dei giudici di piazzale Clodio di trovarsi al cospetto di un’inchiesta manipolata. Sospetto che ieri pomeriggio, poco prima delle 17, è diventato quasi una certezza quando i due pm della Procura di Roma Mario Palazzi e Paolo Ielo hanno contestato al capitano del Noe Giampaolo Scarfato, uno degli investigatori centrali dell’indagine, i reati di falso materiale e falso ideologico.
Secondo la tesi dei magistrati coordinati da Pignatone l’ufficiale del Noe avrebbe manipolato almeno due atti di indagine su cui si poggia l’informativa alla base dell’inchiesta Consip avviata dalla Procura di Napoli e poi trasferita a Roma in cui risultano indagati il ministro dello Sport del governo Gentiloni Luca Lotti, Tiziano Renzi, padre dell’ex premier e l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo, attualmente detenuto nel carcere di Regina Coeli con l’accusa di corruzione. Il procuratore Giuseppe Pignatone e il sostituto Mario Palazzi hanno disposto l’analisi di tutti i nastri e hanno scoperto che almeno due passaggi dell’inchiesta sarebbero stati manipolati. Due gli episodi che i magistrati contestano a Scarfato. Nel primo caso, l’ufficiale dei carabinieri avrebbe accreditato erroneamente la tesi della presenza dei servizi segreti nel corso degli accertamenti: «nella qualità di pubblico ufficiale Scarfato - si legge nell'invito a comparire - redigeva un’informativa nella quale, al fine di accreditare la tesi del coinvolgimento di personaggi appartenenti ai servizi segreti, ometteva scientemente informazioni ottenute a seguito di indagini esperite». Gli stessi carabinieri avevano accertato che una persona notata mentre venivano recuperati i «pizzini» nella spazzatura adiacente gli uffici della «Romeo Gestioni» era un cittadino residente nella stessa strada mentre per Scarfato si trattava di una persona legata ai servizi segreti. Secondo la Procura sarebbe stato compiuto dunque un vero e proprio depistaggio. Il secondo falso riguarderebbe uno dei punti centrali dell’inchiesta: il rapporto tra Tiziano Renzi e l’imprenditore Alfredo Romeo.
L'ufficiale del Noe, nel redigere l’informativa su una intercettazione ambientale all'interno dell’ufficio di Roma della Romeo Gestioni spa il 6 dicembre 2016, avrebbe erroneamente attribuito ad Alfredo Romeo e non a Italo Bocchino una frase intercettata: «...Renzi l'ultima volta che l'ho incontrato». Verrebbe meno, dunque, la prova dell’incontro tra Renzi padre e Romeo. Su quest’ultimo passaggio, ieri, l’ex parlamentare Bocchino ha chiarito di non aver mai conosciuto Tiziano Renzi e di essersi riferito in quella circostanza all’ex premier, Matteo Renzi. Con una doppia mossa la Procura di Roma smonta dunque l’impianto accusatorio costruito dal magistrato napoletano (prima del trasferimento del fascicolo a Roma) Henry John Woodcock. Intanto, l’ufficiale indagato ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere alle domande dei magistrati.
Una decisione - spiega il legale del capitano del Noe, Giovanni Annunziata - dettata dall’esigenza di leggere tutti gli atti. E, forse, di attendere ulteriori sviluppi in un’inchiesta che continua a riservare colpi di scena.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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