I despoti hanno le ore contate

I despoti hanno le ore contate

C' è un mito che fortunatamente ci lascia, con questo 2022. È quello del despota postmodermo, dell'uomo forte, del tiranno «democratico». Solo un anno fa Putin, Xi Jinping, Erdogan, gli ayatollah iraniani, e anche Orban, sembravano sentire nelle loro vele il vento della storia. Erano temuti, non solo all'interno del loro paesi, governati con un dispotismo che da amarissimo, quello cinese, arrivava fino al dolce di Orban, ma anche fuori, nei paesi liberi; ed erano ammirati. Si sprecavano le parole di miele dei Sarkozy e delle Merkel, dei Macron e dei Scholz, e dei Trump, verso Putin, ma soprattutto, Trump a parte, verso il dittatore comunista cinese. Proprio Sarkozy l'aveva spiegato, in una conferenza di qualche anno fa: saranno anche despoti, ma sono efficienti. E soprattutto, non sono sottomessi alla volatilità del potere esecutivo, tipico dei regimi liberali. In fondo poi, sono eletti, no? Pure gli ayatollah lo sono, e persino Xi Jinping afferma di esserlo, a suo modo. Peccato che Russia, Ungheria, Turchia siano delle democrazie plebiscitarie, l'Iran una demoteocrazia, la Cina un sistema a partito unico. Fino a un anno fa si credeva che, in nome della efficienza, si potesse sacrificare anche la libertà - l'idea era persino penetrata nella sua patria par excellence, gli Usa. E invece oggi tutto è rovesciato. Putin non è più infallibile, anche se usa gli stessi metodi sanguinari del passato. La Cina di Xi Jinping è un disastro per il Covid. L'Iran è economicamente allo sfascio, e pure Turchia e Ungheria navigano in malmostose acque. Soprattutto in Cina e in Iran, abbiamo avuto la prova che la libertà non è un sentimento occidentale, ma universale. E che i popoli non vogliono essere schiavi. E, a proposito di occidente, un anno fa sembrava diviso, ripiegato, abbattuto, fino nella sua avanguardia, gli Usa. Ora invece ha ripreso vigore e senso, ha dimostrato forza, e quello che sembrava il sonnolento Joe, il presidente Biden, si sta dimostrando all'altezza della missione della difesa della libertà, assai più dei suoi due predecessori. A cosa si deve tutto questo? A numerosi fattori, come sempre, ma il merito va all'esempio che il popolo ucraino ha esibito e che sta ancora prodigando, nella sua resistenza all'invasione russa. Gli ucraini hanno mostrato che si può, ancora, nel centro dell'Europa, morire per la patria e per la libertà; e per la libertà della patria.

Immaginiamo cosa sarebbe successo se Putin non avesse riscontrato resistenza: oggi i despoti starebbero brindando. E invece sono contestati, almeno in Cina e in Iran, oppure stanno perdendo la guerra, mentre si illudevano di potere solo vincere, come Putin. Auguriamoci allora che passino un nuovo anno ancora peggiore.

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