I due secoli che hanno trasformato il whisky scozzese in mito da record

Nel 1824 apriva la distilleria che ha cambiato il mercato mondiale del single malt. Dalle botti alle aste, fino al Cirque du Soleil: viaggio fra i suoi segreti

I due secoli che hanno trasformato il whisky scozzese in mito da record

Viste da vicino, le botti non somigliano granché a quella del famosissimo spot tv degli anni '80, in cui un enorme barile con la cuffia da notte respingeva la bottiglia che pretendeva di svegliarlo, perché «cinque anni di riposo non bastano». O meglio, diciamo che le botti vere ovviamente non hanno gambe e braccia e non dormono in un letto. Per il resto, la passione per la maturazione lenta non cambia. E non è cambiata mai negli ultimi duecento anni.

Sugli ultimi tornanti che dalla cittadina scozzese di Craigellachie si inerpicano fra le colline dello Speyside, costeggiando boschi e prati popolati da pecorelle tutt'altro che smarrite, viene da pensare a cosa rappresenti oggi Macallan. Pochi brand sono in grado di racchiudere l'intera, ricca e affascinante storia dello Scotch whisky. Ancor meno sono quelli diventati sinonimo globale di lusso. Se invece parliamo di chi ha cambiato la percezione mondiale del single malt, rendendolo il re dei distillati, beh, Macallan è unica.

Il pullmino supera i cancelli che delimitano la tenuta di Easter Elchies, la «casa» - materiale e spirituale - di Macallan, un paradiso per la fauna selvatica (il fiume Spey è un santuario per i pescatori di salmoni) e anche per gli appassionati di whisky. La magione padronale settecentesca è la prima cosa che si scorge nel mare di verde circostante. Accanto, ecco una costruzione con tetti ondulati coperti di erba, che ricordano le case degli Hobbit del Signore degli anelli. È la nuova, avveniristica distilleria da 32 alambicchi, costata 140 milioni di sterline e inaugurata nel 2018 sugli stessi campi coltivati ad orzo per i quali nel 1824 Alexander Reid ottenne l'autorizzazione a distillare. Qui, nel corso dei due secoli successivi, Macallan ha «inventato» uno stile che si basa su sei «pilastri»: alambicchi piccoli che producono uno spirito intenso e robusto; cura ossessiva per la selezione dei barili di rovere; preferenza per le botti che avevano contenuto in precedenza vino di sherry, in grado di dare sfumature più profonde al distillato; nessuna colorazione artificiale; artigianalità; e ovviamente il legame viscerale con questo luogo.

Inevitabile dunque che i festeggiamenti per il duecentesimo anniversario inizino da qui, e lo facciano con un evento straordinario, a cui il gruppo Edrington, proprietario del marchio, ha abituato i suoi fan. In una delle colossali warehouses - i magazzini in cui riposano i barili - per tutte le sere di maggio è stato allestito lo spettacolo «Spirit», con cui il Cirque du Soleil ha iniziato la sua collaborazione con Macallan. Una produzione sfarzosa e iridescente, tesa a celebrare la creatività dei whisky maker che lavorano qui, e insieme la magia della campagna scozzese.

Ma il vero spettacolo, è il caso di dirlo, è ripercorrere cosa è stata Macallan attraverso i suoi proprietari e le sue scelte. Un filmato e un libro, in mostra al visitor center della distilleria, raccontano l'epopea: da Reid a Roderick Kemp, colui che puntò per primo sullo sherry, fino ad Allan Shiach, sceneggiatore ad Hollywood sotto pseudonimo e «ideatore» delle campagne pubblicitarie che hanno reso Macallan così popolare. Fra i primi brand a credere nel single malt, che fino agli anni '50 e '60 veniva utilizzato quasi esclusivamente per dare struttura ai più leggeri e beverini blended, Macallan ha anche un legame particolare con l'Italia. Furono infatti gli imbottigliatori indipendenti italiani come Samaroli, Mainardi, D'Ambrosio, Giovinetti, a selezionare botti eccezionali e a creare un vero e proprio mito per i collezionisti. Non è un caso infatti che in distilleria siano esibite tutte le bottiglie italiane, che nei decenni hanno dato vita a un triste mercato della contraffazione, ma anche acceso le aste mondiali. Incredibili le quotazioni raggiunte: il Macallan «Valerio Adami», distillato nel 1926 e invecchiato 60 anni, detiene il record di bottiglia di whisky più cara al mondo, oltre 2,1 milioni di sterline. Ed era un Macallan il whisky che un uomo d'affari cinese nel 2017 pagò 10mila franchi in un albergo svizzero, salvo poi scoprire che era un falso.

Gli aneddoti, infiniti, sono solo la punta dell'iceberg. In due secoli, l'industria dello Scotch è cambiata immensamente e Macallan è sempre stata all'avanguardia. Altrettanto lo è oggi, nel mondo in cui uno stimato professionista di Taiwan può impazzire per un'acquavite prodotta a pochi chilometri da Inverness. Macallan oggi è un'ossessione per i collezionist ma anche un marchio globale, uno status symbol, un logo che trascende il whisky e diventa sinonimo di ricchezza. Può far storcere il naso agli appassionati più conservatori legati alla tradizione e al folclore delle Highlands, ma il fatturato dice che è giusto così.

Così come può far storcere il naso che durante la visita della distilleria non si veda un solo operaio al lavoro: tutto automatizzato, due ingegneri ben nascosti controllano ogni fase della produzione. E l'artigianalità? Semplice, si è trasferita. Nella fattispecie, in Andalusia, dove vengono costruite le botti. Perché è nelle lunghissime operazioni di piantumazione, selezione, raccolta e preparazione del legno di rovere che sta oggi il cuore pulsante di Macallan. Forse ancor più che qui, fra i 32 alambicchi che rispondono ai programmatori.

L'equilibrio non è solo cosa da acrobati del Cirque du soleil.

L'equilibrio fra tradizione e innovazione, successo commerciale e autenticità, consumatori storici e nuovi appassionati è quel che si ricerca a Macallan. Per duecento anni la missione è stata compiuta, con risultati da record. L'auspicio è che questo spirito - in ogni senso - non cambi mai.

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