I nuovi insediamenti in Palestina svelano l'ipocrisia contro Israele

È polemica sulla legge sulle colonie approvata dalla Knesset

I nuovi insediamenti in Palestina svelano l'ipocrisia contro Israele

Eppure è difficile abituarsi a un atteggiamento saccente e punitivo quando guarda con un occhio solo. Come è possibile che l'Ue abbia scoperto una improvvisa efficienza cancellando sine die per punizione il summit previsto con Israele? Come può accadere che nelle stesse ore né l'Unione Europea, né l'Onu, né il governo francese o quello inglese facciano qualcosa di fronte alla notizia che il governo siriano ha impiccato 13mila dissidenti; come mai nessuno chiede di che si tratta quando il capo degli hezbollah Nasrallah annuncia una «grande sorpresa» a Israele proprio mentre si viene a sapere che aveva preparato eccidi di bambini ebrei in Brasile; come può capitare che nessuno da Bruxelles dica una parola all'Iran che spiega che può colpire Tel Aviv in 7 minuti. E invece tutti trovano il fiato per condannare una legge votata alla Knesset che consente di conservare certi «outpost», ovvero parti periferiche di insediamenti, costruite su terreni di proprietà palestinese? Tutta Europa si è alzata in piedi abbaiando, e sembra però che nessuno abbia letto la legge. Che detta «regolamento per gli avamposti» potrebbe essere obliterata dall'Alta Corte di Giustizia, cui hanno promesso di denunciarla i partiti di opposizione: presto altrimenti, dicono, la Corte dell'Aia criminalizzerà Israele. I palestinesi promettono azioni immediate. Netanyahu, che si trovava in Inghilterra da Theresa May mentre la legge veniva votata, avrebbe preferito rimandare il voto a dopo l'incontro con Donald Trump previsto per il 15 febbraio. Ma bruciava lo sgombero di Amona, appena avvenuto, e il voto c'è stato.

I settler lo vedono come un evento che stabilisce un diritto anche su territori controversi. La legge stabilisce che si sospenda per un anno l'ordine di smantellamento per 6 outpost contrastati, che per ordine della Corte dovevano andare distrutti, e intanto l'Amministrazione civili indaghi. Gli ordini possono venire sospesi tuttavia solo se le costruzioni sono state fatte in buona fede e con l'approvazione dello Stato. Sono previste compensazioni per gli ex proprietari palestinesi del 125 per cento del valore o a scelta della sostituzione con altra terra. I palestinesi la chiamano una legge che «legalizza il furto», il mondo arabo gli va dietro, l'inviato dell'Onu Nickolay Mladenov dice che «la legge stabilisce un principio molto pericoloso» perché apre le porte all'annessione totale dell'Wet Bank, il ministro inglese Tobias Ellwood dice che la legge «minaccia la soluzione di due Stati» e il ministro degli Esteri francesi Jean Marc Ayrault non ha fatto mancare la sua condanna. Ma si consenta di dire che migliaia di case, secondo Eugene Kontorovitch esperto di diritto internazionale, sono state costruite sul latifondo, terre date via dalla monarchia Ashemita durante la presenza giordana là, dal 1949 al 67. Poche famiglie sono mai venuta a richiedere la terra in questione negli anni: sotto la legge giordana, la questione della proprietà sarebbe in gran parte caduta in prescrizione. Se poi ci fosse stata una vendita segreta agli ebrei, sarebbe stata punita con la pena di morte, e quindi nessuno la confermerà. Non solo: la terra intanto è diventata abitata e produttiva, e per esempio alcuni settler di Amona accettano la cacciata da casa, ma non quella della terra coltivata e hanno fatto ricorso.

L'occupazione turca di Cipro permise ai settlers turchi di restare nelle proprietà greche nel 2005. Se si pensa poi allo sgombero di Gaza, alle serre fatte a pezzi, alle case e alle sinagoghe distrutte in poche ore col fuoco e il piccone una volta sgomberati i settler, è difficile capire il sacro fuoco europeo.

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