Più della metà degli italiani è costretto a tirare la cinghia sul cibo. E quando va al ristorante si porta a casa gli avanzi o la gavetta in ufficio. La fotografia di un'Italia che fa i conti con i morsi dell'inflazione la restituisce Coldiretti insieme a Censis nel rapporto Gli italiani e il cibo nella crisi e oltre. Secondo la ricerca, presentata ieri a Roma al XX Forum Internazionale dell'agricoltura e dell'alimentazione, il 52% degli italiani ha tagliato il cibo a tavola in quantità o in qualità, con un effetto dirompente che grava soprattutto sulle famiglie a basso reddito a causa del caro prezzi. Se si considera la fascia di popolazione a basso reddito, la percentuale della riduzione delle quantità sale addirittura al 60%, mentre per i redditi alti si scende al 24%.
Accanto a chi è stato costretto a mettere meno cibo nel carrello per far quadrare i bilanci familiari, c'è poi un 37% di italiani che ha preferito risparmiare sulla qualità (il 46% nel caso dei bassi redditi, ma appena il 22% per quelli alti). Le rinunce sono dunque socialmente differenziate secondo una logica di gap tra fasce sociali con gli adulti e i giovani che tagliano molto più degli anziani, e i bassi redditi più che i benestanti. Peraltro, oltre sei italiani su dieci tra coloro che riducono gli acquisti sono convinti che questa situazione durerà almeno per tutto il 2023.
Nella classifica dei prodotti più colpiti dalla scure dei consumatori ci sono al primo posto gli alcolici ai quali sono stati costretti a dire addio, del tutto o anche solo parzialmente, il 44% degli italiani. Al secondo posto i dolci che vengono tagliati in quantità dal 44%, mentre al terzo ci sono i salumi ai quali ha rinunciato il 38,7% dei cittadini, subito davanti al pesce (38%) e alla carne (37%). Ma il carovita porta addirittura a ridurre gli acquisti di alimenti per bambini, con il 31% di persone che ne acquista di meno. Il 41% degli italiani dichiara di coltivare frutta, verdura, erbe aromatiche in casa sul balcone, negli orti urbani o in piccoli orti di proprietà.
La volontà delle famiglie di non arrendersi al caro prezzi si sposta poi dagli orti ai ristoranti, dove ben il 49% di clienti si dice pronto a chiedere la doggy bag per portarsi via gli avanzi, con una percentuale che nei giovani sale addirittura al 58 per cento. Il riutilizzo degli avanzi si sposta poi dalla casa all'ufficio, con il 52% dei lavoratori che dichiara di portarsi al lavoro la gavetta con il cibo, magari preparato utilizzando quanto rimasto di pasti precedenti.
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