Che il reddito di cittadinanza così come è stato concepito dai grillini fosse insostenibile a lungo per lo Stato lo sapevano tutti, anche molti di quelli che in queste ore urlano allo scandalo per la sua abolizione. Che il reddito di cittadinanza non si potesse cambiare, riformare, cancellare senza ferite politiche e sociali, anche questo lo sapevano tutti. Il vero nodo della questione, al di là del muro contro muro che fa del nostro Discorso pubblico uno dei più patologici dell'occidente, è un equivoco di fondo. O meglio una vera e propria applicazione della retorica alla sintassi del Potere, una metonimia perfetta, un classico scambio della causa con l'effetto. Il focus reale non è la povertà, ma il lavoro. Nell'impianto ideologico del Movimento il welfare copre non tanto la disoccupazione ma un lavoro che non c'è più. Mantiene non tanto cittadini frustrati ma cittadini che non cercano perché il mondo a cui facevano riferimento è in via di estinzione. È una visione discutibile, ma è una visione, la più potente dei grillini, diventata commestibile con il manto morale della povertà assoluta. Nel 2018 il M5s ha vinto le elezioni, soprattutto al Sud, con il Reddito, certo non con l'iperdemocrazia di Casaleggio padre, con tutto il rispetto. Oggi Conte, che ha liquidato subito l'anima internettiana del grillismo, ha fatto sua una creatura che va oltre le sue intenzioni. Furbetti, furboni e scandali vari sono solo il corollario all'italiana di un equivoco. Sarebbe immorale non aiutare chi è in difficoltà per ragioni dimostrabili, ma sarebbe folle pagare per non lavorare chi è in grado di lavorare. Rimesse le cause e gli effetti dove devono stare, ora è necessario disinnescare una potenziale bomba sociale ed è necessario che la politica tutta sia responsabile e non corteggi la pancia irrazionale del paese. Evitare inutili durezze, la comodità di un sms fu scoperta già da tempo da uno dei due innamorati non più tali, evitare di spingere all'inferno chi è già sull'orlo, ma anche usare in fretta i fondi che ci sono, Pnrr compreso, per quel fine non retorico che si chiama coesione.
Nelle tre lettere dell'acronimo europeo che domina la nostra vita, ESG, tutti parlano della prima, l'ambiente, e della terza, la governance. Pochi della seconda dove S sta per social. Una società veramente sostenibile è quella che riduce le disuguaglianze e che rimette il lavoro, per davvero, al centro delle nostre fondamenta costituzionali.
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