Gli imprenditori vedono nero. E il gas "brucia" l'export

Ricavi giù per una pmi su tre, pesa l'energia. Crolla la Bilancia dei pagamenti. Ma la sinistra fa spallucce

Gli imprenditori vedono nero. E il gas "brucia" l'export

Dopo la piacevole sorpresa dei dati positivi sul Pil, l'Italia non può permettersi di crogiolarsi su quel piccolo successo. Anche perché lo scenario economico sta peggiorando e presto investirà anche le nostre imprese, senza una ricetta economica in grado di stimolare la crescita. Un campanello d'allarme arriva da un'indagine condotta da Swg per Confesercenti su una platea di imprenditori associati attivi nel commercio. La ripresa dei flussi turistici, infatti, ha avuto effetti benefici, ma la sua spinta si esaurirà presto e comunque non è riuscita a evitare il rallentamento. E le aspettative delle piccole e medie imprese del commercio, del turismo e dei servizi tornano a peggiorare: una su tre - il 32% - prevede di chiudere il secondo semestre con il fatturato in calo rispetto allo stesso periodo del 2021. Solo il 18%, invece, stima una crescita. A pesare sui ricavi, segnalano il 26% degli imprenditori, c'è tuttora l'onda lunga del Covid e i numeri dei contagi, che non permettono una normalizzazione dei consumi.

Ma a preoccupare è soprattutto il boom dei costi energetici - indicato dal 28% degli intervistati - e dell'inflazione (22% delle indicazioni). E la cosa non è difficile da credere, visto che il prezzo del gas sulla piazza di Amsterdam ha superato i 240 euro al megawattora (un anno fa era a 26 euro).

I costi esorbitanti pagati per l'energia, tra l'altro, si sono abbattuti sulla bilancia dei pagamenti di un grande Paese esportatore come l'Italia. Secondo i dati divulgati ieri da Bankitalia, il caro-energia causato dalla guerra in Ucraina si è mangiato il surplus negli scambi di beni e servizi dell'Italia con l'estero, che nei dodici mesi a giugno 2022 arriva a 9,2 miliardi di euro da 71,4 miliardi dello stesso periodo dell'anno precedente.

I primi scricchiolii di un'Italia che rallenta hanno fatto muovere anche il differenziale di rendimento tra Btp decennali italiani e i pari durata tedeschi, arrivato a 226 punti (oltre il 50% in più da inizio anno). Servono dunque misure che tengano conto del debito pubblico, ma che allo stesso tempo siano sufficientemente vigorose per spingere la crescita del Pil. A chiederlo sono le stesse imprese che, riprendendo sempre l'indagine di Swg, hanno le idee chiare su quello che vogliono: il 45% degli imprenditori vuole che la questione fiscale sia messa in cima all'agenda dei partiti, insieme al lavoro, indicato dal 42%. Seguono, a breve distanza, il 29 ed il 28%, le quote di imprenditori che chiedono di inserire tra i temi prioritari rispettivamente Pnrr e infrastrutture e semplificazione burocratica.

Il mondo delle Pmi, spina dorsale produttiva dell'Italia, chiede insomma meno tasse, per investire di più e aumentare la produttività del lavoro. Domande che per il momento non trovano alcuna risposta nel programma del centrosinistra, dove c'è poco o nulla per le imprese.

Per ora Pd e compagni si sono concentrati su assistenzialismo e bonus: da quello da diecimila euro per i giovani al compimento dei 18 anni, ai trasporti gratis per le famiglie a medio e basso reddito. E poi istruzione gratuita dalla culla all'università, assunzioni nella Pubblica amministrazione, aumento dei salari degli insegnanti e stipendi extra.

Sono solo alcune pagine di un libro dei sogni che avrebbe un costo non indifferente senza concedere nulla a chi produce la maggior parte della ricchezza di questo Paese e che, alla fine, si trova sempre a pagare per tutti.

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